Internazionale

Anders Breivik in tribunale esibisce la Z filorussa

Anders Behring Breivik, al centro, con i suoi avvocati difensori durante il primo giorno della seconda udienza per la richiesta di libertà vigilata foto Beate Oma Dahle/AnsaAnders Breivik in tribunale – Ansa

Norvegla Lo stragista di Utoya e Oslo all'udienza per chiedere misure alternative al carcere

Pubblicato circa un'ora faEdizione del 20 novembre 2024

Anders Breivik, lo stragista di Oslo e Utøya, è tornato in aula il 18 novembre del 2024 per chiedere la libertà condizionata.

L’estremista di destra è stato condannato nel 2012 a 21 anni di carcere: si tratta del massimo della pena prevista dal codice penale della Norvegia, che tuttavia può essere estesa finché la persona condannata viene considerato una minaccia per la società.

La procuratrice Hulda Karlsdottir si è opposta alla richiesta di Breivik, sostenendo che lo stragista è ancora «pericoloso» e può commettere atti di violenza se dovesse essere scarcerato.

L’udienza si è tenuta nella palestra della prigione di Ringerike. Parlando per tre quarti d’ora, Breivik si è lamentato delle sue condizioni detentive e ha ribadito che l’attentato del 2011 – in cui sono state uccise 77 persone, la maggior parte delle quali giovani militanti del Partito laburista – era «necessario» per provare a fermare «l’islamizzazione» del paese.

L’attentatore si è presentato in completo e cravatta nera reggendo un cartello con parole di sostegno a Cina, Russia, Iran e Corea del Nord. Ai lati del cranio rasato aveva due Z, la lettera simbolo dell’invasione russa dell’Ucraina e più in generale del putinismo.

Breivik ha sempre usato le aule di tribunale per lanciare messaggi politici, dimostrando di essere piuttosto allineato alle tendenze dell’estrema destra globale. Nel 2022, nel corso di un’altra udienza per richiedere la libertà condizionata (poi rigettata dal tribunale), Breivik aveva sventolato un foglio con la scritta in inglese «Stop your genocide against our white nations», cioè «fermate il vostro genocidio contro le nostre nazioni bianche». Lo slogan rimandava al «genocidio dei bianchi», una teoria suprematista simile a quella della «sostituzione etnica».

In questo caso, l’esibizione plateale della Z è sia un appoggio alla guerra di Putin che un ringraziamento agli estremisti di destra russi.

Nel 2011, subito dopo l’attentato, Breivik venne praticamente ripudiato da quasi tutta l’estrema destra europea e dall’ambiente della cosiddetta «contro-jihad», una rete di blog e siti islamofobi da cui aveva attinto molte idee.  

In Russia, come ha ricostruito il ricercatore Johannes Due Enstad nello studio “Glory to Breivik!”: The Russian Far Right and the 2011 Norway Attacks, l’appoggio delle frange radicali fu pressoché totale.

In un’intervista realizzata in forma anonima, un membro della National Socialist / White Power Crew (NS/WP, ritenuta un’organizzazione terroristica dalla giustizia russa) lo lodò come «l’esempio vivente da seguire» e disse che «dovrebbero esserci più Breivik». Anche Nikolay Korolyov – il fondatore del gruppo nazista «Salvezza», condannato all’ergastolo per l’attentato del 2006 al mercato Cherkizovsky di Mosca – si espresse pubblicamente a suo favore, elevandolo a simbolo della «guerra santa» contro «i nemici della razza».

I neonazisti russi arrivarono a celebrarlo anche per strada. Durante la Marcia Russa del 2012, un corteo annuale dell’estrema destra russa, i militanti esibirono cartelli con il ritratto di Breivik e intonarono il coro «Slava Andersu Breiviku!» («Gloria a Anders Breivik!») L’anno successivo, nella città di Samara, comparvero dei poster con la scritta «Breivikismo – L’ideologia del nuovo secolo»: nel testo si esaltava «l’eroe europeo» e si avvertiva la «feccia traditrice» che «il giorno del giudizio» era sempre più vicino.

Nel suo sterminato manifesto di 1500 pagine, lo stesso Breivik considerava la Russia come un paese alleato del suo progetto nazional-rivoluzionario ed elogiava apertamente Vladimir Putin. «Mi sembra un leader forte e degno di rispetto», scriveva. All’epoca Dmitry Peskov, il portavoce del Cremlino, disse che si trattava delle «farneticazioni di un pazzo». Ora però quel «pazzo» fa parte della nutrita schiera dei sostenitori di estrema destra dell’invasione dell’Ucraina, paradossalmente giustificata dalla necessità di «denazificare» il paese.

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