La serie di azioni e reazioni militari persiste in Medioriente dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas il 7 ottobre. Paradossalmente, ogni azione è giustificata dai suoi autori come legittima difesa per la sicurezza del proprio Stato o come deterrente per evitare ulteriori attacchi da parte del nemico. Una situazione insidiosa perché un rapido deterioramento potrebbe verificarsi in qualsiasi momento su numerosi fronti.

GLI HOUTHI cercano di mostrare la loro forza continuando gli attacchi alle imbarcazioni, dopo aver subito i raid anglo-americani. Che finora non hanno raggiunto l’obiettivo di garantire la sicurezza della navigazione nel Mar Rosso. Ieri infatti l’esercito Usa al fine di ridurre le capacità militari degli Houthi ha effettuato nuovi attacchi nello Yemen contro le postazioni da cui partono i missili balistici antinave. Il Comando centrale degli Stati uniti ha annunciato di aver sequestrato la settimana scorsa componenti di missili balistici e missili da crociera di fabbricazione iraniana destinati agli Houthi su una nave al largo della Somalia. Secondo il Centcom, le analisi iniziali indicano che si tratta delle armi utilizzate per attaccare le navi mercantili internazionali in transito nel Mar Rosso.

NEL FRATTEMPO, IL COLOSSO petrolifero britannico Shell e Qatar Energy, secondo più grande esportatore di gas naturale liquefatto, hanno sospeso tutte le loro spedizioni attraverso il Mar Rosso a tempo indeterminato.

Anche l’Iran si è attivato. Il generale Amir Ali Hajizadeh, comandante della Forza aerospaziale delle Guardie della Rivoluzione (Irgc), ha confermato il lancio di 11 missili contro il centro affiliato al Mossad a nord-est della capitale del Kurdistan iracheno, Erbil, e di 4 missili contro il quartier generale affiliato ai jihadisti a Idlib, nel nord-ovest della Siria. È la risposta, afferma l’Irgc, ai «crimini terroristici recentemente commessi dai nemici dell’Iran», facendo riferimento all’assassinio di alcuni comandanti dell’Irgc e del Fronte della Resistenza da parte di Israele. È l’operazione missilistica più significativa degli ultimi anni contro obiettivi al di fuori dei confini nazionali iraniani.

Mohammed Shia al-Sudani, primo ministro dell’Iraq, ha parlato di «pericolosa svolta» e di un’azione che indebolisce le solide relazioni tra Iran e Iraq. Per al-Sudani si tratta di un «evidente atto di aggressione» contro l’Iraq, sottolineando che il governo di Baghdad si riserva tutti i diritti per intraprendere qualsiasi azione diplomatica e legale basata sulla sovranità del paese. Nasser Kanani, portavoce del ministero degli Esteri iraniano, ha risposto che «l’Iran, nel rispetto della sovranità e dell’integrità territoriale degli altri paesi, si riserva il diritto legittimo e legale di affrontare in modo deterrente le fonti che minacciano la sicurezza nazionale e difendere la propria sicurezza».

TEHERAN HA CRITICATO ripetutamente il rapporto esistente tra Israele e il governo regionale semi-autonomo del Kurdistan (Krg), accusato di permettere ai servizi del suo acerrimo nemico di operare nel proprio territorio contro l’Iran. In particolare il Krg permetterebbe di svolgere attività ostili alla Repubblica islamica ai partiti curdi separatisti iraniani esiliati in aree sotto il suo controllo. Tra settembre e ottobre 2022, Teheran ha effettuato diversi attacchi utilizzando missili balistici e droni contro tre di questi partiti. Baghdad ha cercato di affrontare le preoccupazioni iraniane attraverso un accordo di sicurezza stipulato con Teheran nel 2023.
Nell’attacco di Teheran è stato ucciso Peshraw Dizayee, un noto uomo d’affari curdo, proprietario del Falcon Group che gestisce grandi progetti come Empire World. Secondo Teheran, Dizayee esportava petrolio dal Kurdistan iracheno verso Israele. Il primo ministro curdo iracheno, Masrour Barzani, Intervenendo a margine del World Economic Forum a Davos, ha accusato l’Iran di aver ucciso civili innocenti nei suoi attacchi alla capitale del Kurdistan.

L’OPERAZIONE DELL’IRAN può essere interpretata come una dimostrazione di potenza, evidenziando la capacità di colpire le basi militari degli Stati uniti nella regione e le città di Israele con i suoi missili balistici. Inoltre, può essere considerata anche come una risposta alle pressioni degli ultraconservatori che, dopo il recente attentato che ha colpito il paese, chiedevano una reazione.

Nonostante le dichiarazioni di tutte le parti che negano l’intenzione di volersi impegnare in un conflitto più ampio, le azioni sul campo suggeriscono il contrario, lasciando il Medio Oriente in una fase di incertezza, senza una prospettiva chiara per l’avvenire.