Il cinema di Amos Gitai è arte, architettura, teatro, musica, cronaca, mappa, scrittura, ricerca, gesto fisico, slancio politico, spirito critico; lavora sulla forma come pochi, a sondare la sostanza fragile di cui è impressa la realtà – quella che accade davanti ai nostri occhi – a cui pure si dà un nome tanto rigido. Gitai gioca, serissimamente. Colpisce, provoca duramente lo sguardo, anche coi volteggi dei suoi incredibili piani sequenza, o con lo spiazzamento costante dello spazio visivo che ogni volta mette in campo, a partire, in Shikun, dal volto in primo piano di Irène Jacob che avanza nella catastrofe,...