Amlo insulta i 43 scomparsi di Ayotzinapa e le vittime di violenze
Messico Represse le proteste pacifiche in Chiapas per gli studenti desaparecidos. E sugli ultimi gravissimi casi di femminicidio il presidente parla di strumentalizzazioni
Messico Represse le proteste pacifiche in Chiapas per gli studenti desaparecidos. E sugli ultimi gravissimi casi di femminicidio il presidente parla di strumentalizzazioni
Non è sicuramente un momento felice per il presidente messicano Andrés Manuel López Obrador (Amlo), criticato da più parti per l’inerzia dimostrata nei confronti della violenza e dell’impunità che continuano a imperversare nel paese.
Grande indignazione ha provocato in particolare l’infame azione repressiva messa in atto domenica scorsa dalla polizia dello stato del Chiapas – governato da Rutilio Escandón, un esponente di Morena, il partito di Amlo – contro i genitori dei 43 ragazzi di Ayotzinapa scomparsi nel 2014, diventati il simbolo di quella guerra invisibile e atroce che è costata al Messico, tra il 2006 e il 2019, oltre 60mila desaparecidos.
ALLA PROTESTA PACIFICA realizzata dai familiari dei giovani scomparsi, i quali, insieme agli studenti della Escuela Rural Normal Mactumatzá, avevano proceduto a bloccare un’autostrada a Tuxtla Gutiérrez, nell’ambito della Carovana da loro convocata dal 16 al 22 febbraio, la polizia ha risposto con uno sgombero violento a colpi di gas lacrimogeni, conclusosi con un bilancio di cinque feriti: tre studenti – di cui uno, colpito alla testa, è ancora in pericolo di vita -, due madri e una bambina di tre anni.
L’ennesimo insulto nei riguardi di chi, da quel 26 settembre di più di 5 anni fa in cui un centinaio di studenti della Escuela Normal Rural di Ayotzinapa venne attaccato brutalmente dalla polizia locale, ha continuato instancabilmente a chiedere giustizia e verità per i propri cari, senza ancora ottenere risposte dallo stato.
«Facciamo questa carovana ogni anno, in maniera pacifica, per informare gli studenti e le organizzazioni su come ci ha trattato il governo e su come procede la nostra ricerca», ha spiegato uno dei genitori, durante un atto realizzato lunedì di fronte alla sede della Procura generale dello stato per chiedere provvedimenti contro i responsabili dello sgombero. E in tutto il paese sono in molti, compresi alcuni deputati di Morena, a chiedere la rinuncia del governatore, il quale si è limitato a rivendicare il pieno rispetto dei diritti umani, esprimendo cinicamente la sua solidarietà ai familiari di Ayotzinapa. E se il presidente ha perlomeno espresso in questo caso una condanna dell’«abuso di autorità», sollecitando indagini e castighi, nessuna sensibilità ha invece mostrato rispetto alle occupazioni studentesche di alcuni spazi della Universidad Nacional Autónoma de México (Unam) contro l’insabbiamento da parte delle autorità universitarie di centinaia di denunce di violenze sessuali all’interno della Unam. «Sento che dietro ci sono interessi spuri», ha commentato al riguardo.
E ALTRETTANTO INADEGUATA è apparsa la sua reazione all’omicidio di Fátima Cecilia Aldrighett Antón – una bambina di sette anni scomparsa l’11 febbraio fuori dalla scuola, il cui corpo senza vita è stato ritrovato lunedì in una borsa di plastica con segni di tortura – e all’efferato femminicidio della 25enne Ingrid Escamilla per mano del suo compagno, il 9 febbraio, accompagnato dalla macabra diffusione di un video e di foto sull’atroce violenza. Una profanazione ulteriore, questa, a cui le donne hanno risposto condividendo sui social, con gli hashtag #IngridEscamilla e #JusticeForIngrid, foto di paesaggi, tramonti, fiori e farfalle, per legare il suo ricordo a immagini di bellezza anziché di orrore. Per poi scendere in piazza, venerdì e sabato, esprimendo tutta la loro rabbia contro la stampa, colpevole di aver spettacolarizzato la morte della donna – il tabloid Pásala ha accompagnato le immagini cruente con la didascalia «La colpa è stata di Cupido» – e contro Amlo, accusato di indifferenza nei riguardi dell’ondata di femminicidi in corso nel paese, a un ritmo di almeno 10 donne uccise ogni giorno.
«HAI IL POTERE, sei il presidente, dimostra che ti importa di noi», hanno gridato le donne in un nuovo atto di protesta realizzato martedì di fronte al Palazzo nazionale. Ma il presidente non sembra intenzionato ad ascoltarle: interpellato sulla proposta della Procura generale, nel quadro della riforma del codice penale, di derubricare il reato di femminicidio a omicidio, non ha trovato niente di meglio da dire che denunciare la manipolazione politica dei femminicidi da parte dei critici del suo governo.
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