Altri migranti portati al confine dalle forze di sicurezza di Minsk
La crisi Spinti verso la dogana di Bruzgah, una valico di frontiera sul lato bielorusso, dove i primi ad arrivare hanno trovato ad attenderli sul versante polacco l’esercito con numerosi mezzi blindati
La crisi Spinti verso la dogana di Bruzgah, una valico di frontiera sul lato bielorusso, dove i primi ad arrivare hanno trovato ad attenderli sul versante polacco l’esercito con numerosi mezzi blindati
È una scena già vista ma non per questo meno drammatica. Ieri un colonna formata da centinaia di migranti è stata scortata dalle forze speciali bielorusse al confine con la Polonia. Questa volta Minsk ha scelto di deviare la carovana di disperati verso la dogana di Bruzgah, una valico di frontiera sul lato bielorusso, dove i primi ad arrivare hanno trovato ad attenderli sul versante polacco l’esercito con numerosi mezzi blindati. È solo l’anticipo di quello che accadrà nei prossimi giorni. Dopo la recinzione con filo spinato, Varsavia ha deciso di fortificare ulteriormente il confine con la costruzione di un muro che verrà ultimato entro la fine del 2022. Una decisione criticata dalla Cei, la Conferenza episcopale che ieri ha parlato di «scelta irrazionale e antistorica», definendo la costruzione del nuovo muro «una sconfitta della democrazia».
Intanto si tengono le prove di «solidarietà baltica» per i paesi Ue che confinano con la Bielorussia. Nella giornata di ieri il presidente polacco Andrzej Duda ha incassato la vicinanza dei presidenti delle Repubbliche baltiche in video collegamento con Vilnius. «Si tratta di una dichiarazione di sostegno molto importante. A maggior ragione se consideriamo che due di questi tre paesi stanno affrontando lo stesso tipo di aggressione ibrida al proprio confine», ha dichiarato Duda, espressione del partito della destra populista di Diritto e giustizia (Pis).
Dei tre stati che si sono riuniti ieri nella capitale lituana, soltanto l’Estonia non condivide una frontiera con Minsk. «Se dovesse esserci bisogno di attivare l’articolo 4 del Trattato Nato, siamo pronti a sostenere la Polonia», ha dichiarato nel corso del summit il presidente lituano Gitanas Nauseda. Nulla a questo punto può essere escluso ma il governo polacco spera comunque di poter gestire la crisi migratoria in solitaria, magari agitando proprio lo spauracchio dei profughi in casa per recuperare il consenso perduto negli ultimi mesi.
Secondo i sondaggi più recenti di Cbos, il Pis avrebbe soltanto il 29% di gradimento tra gli elettori. Siamo ben lontani dal 40% di cui godeva, prima dell’introduzione del divieto di aborto terapeutico, sancito un anno fa da una sentenza del filogovernativo Tribunale costituzionale. Anche Vilnius e Riga hanno fatto ricorso allo stato di emergenza negli ultimi mesi per rendere più impermeabili le loro frontiere con il vicino bielorusso, proprio come Varsavia. Eppure, questi paesi non hanno mai vietato l’accesso all’informazione pubblica dalle zone di confine. «In Lituania e in Lettonia esiste un sistema di autorizzazione per i giornalisti», ha spiegato l’ombudman polacco Marcin Wiacek. Il mese prossimo lo stato di emergenza, prolungato di altri due mesi a settembre, scadrà. Invece di una proroga, il governo polacco punta a introdurre una procedura di richiesta accredito per i media alle zone di confine che sarà gestito dalle Guardie di Frontiera. E questa non sarebbe per forza una buona notizia: si teme infatti che il processo di accreditamento di giornalisti in loco da parte della polizia doganale polacca finisca col diventare fin troppo selettivo.
Nel frattempo le notizie che giungono dal versante polacco restano frammentarie. Intanto, è stata stabilita la causa del decesso del migrante mediorientale trovato il fine settimana scorso nei dintorni del villaggio di Wolka Terechowska. Il ventenne siriano sarebbe morto per assideramento.
Nella notte di domenica, invece, la fondazione «Ocalenie» ha riportato delle operazioni di soccorso, prestate a due cittadini originari di Homs, avvistati in un bosco nei pressi del villaggio di Orla, in Podlachia. Si tratta di due fratelli, entrambi adulti e in condizioni critiche, trasportati poi d’urgenza in un ospedale polacco. Ieri, intanto, secondo una notizia riportata dal quotidiano Rzeczpospolita, si sarebbe svolto il primo funerale di una delle vittime dell’emergenza, nei pressi della moschea di Bohoniki, un villaggio come meno di cento anime vicinissimo al confine con la Bielorussia. Si tratta ancora una volta di un cittadino siriano, il cui corpo sarebbe stato ritrovato senza vita in territorio polacco il mese scorso.
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