Fuori dal casting di Miss Italia nella zona sud della capitale c’è uno scompiglio di corpi e generi. Le persone in attesa di entrare sono una decina, ma hanno obiettivi diversi. Cinque-sei ragazze, sui tacchi e accompagnate dai genitori, ambiscono davvero a partecipare al concorso di bellezza. Sono cisgender, cioè donne in cui l’identità di genere corrisponde al sesso biologico. Sotto un albero, defilato, c’è Marte: ha in tasca una patente femminile, ma è un ragazzo trans. Oggi però è vestito da donna. Non lontano gli attivisti dell’associazione Gender X indossano le magliette «Chi l’ha detto che la donna più bella d’Italia non sia trans?». In quattro sono stati ammessi alla pre-selezione: sono uomini trans ma hanno compilato i moduli di iscrizione usando i documenti che riportano i nomi anagrafici femminili assegnati loro alla nascita.

Protestano in solidarietà con le donne trans, che dunque hanno seguito una transizione di segno contrario alla loro, a cui nei giorni scorsi l’organizzatrice della competizione Patrizia Mirigliani ha chiuso la porta: «Può iscriversi solo chi è nata donna». «Siamo qui per dimostrare che il sesso assegnato alla nascita non ha importanza, perché i nostri ragazzi saranno giustamente scartati in quanto uomini, esattamente come le donne trans dovrebbero poter partecipare in quanto donne», dice Leonardo, che fa parte di Gender X.

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«Perché ammettete me, che sono maschio, e non le donne trans, che sono femmine?», chiede Edoardo quando viene chiamato all’appello con il suo nome anagrafico, di genere opposto a quello con cui si identifica. È il primo cortocircuito del pomeriggio che i responsabili del casting devono gestire. Sbagliano qualche pronome, a volte si trovano un po’ in confusione, ma si pongono in modo gentile. Soprattutto dicono di essere d’accordo con la protesta e di averlo fatto presente a Mirigliani. «Sono favorevole ad ammettere le donne trans. Ci sono tante vecchie regole che andrebbero cambiate. Ma fino a quando il regolamento rimane questo non posso farci niente», dice Mario Gori, agente regionale per il Lazio.

Qui le iscritte sono circa 600. Il primo ostacolo sono i casting come questo, una trentina in tutto il territorio. Poi si accede alla selezione regionale e da lì, per chi ce la fa, a quella nazionale. È a quel punto che bisogna presentare il certificato di nascita integrale, documento dove rimangono le annotazioni del nome e del sesso indicati il primo giorno di vita anche per le persone trans che ne hanno ottenuto la rettifica su quelli di uso quotidiano (carta d’identità, passaporto, etc.).

All’uscita della selezione di Miss Italia. A destra Marte

È il turno di Marte e poi di Walter, un attivista di Gender X che è lì con il figlio. Entrano uno alla volta, senza poter essere accompagnati da nessuno. «Io al massimo vorrei essere Miss Italio – dice Walter – Questo concorso non è un problema che riguarda le nostre identità di ragazzi trans, non siamo donne. E non ci interessa rispettare quei canoni di bellezza. Siamo qui per dare supporto alle nostre sorelle trans. Mi piacerebbe che in questa comunità ci fosse più unione e le persone sostenessero anche le cause che non le riguardano direttamente», afferma Walter.

Marte, che è un performer, mostra la fascia trasversale che aveva nascosto sotto il vestito e che ha esibito durante la selezione. Fa il verso a quella delle miss, sopra c’è scritto: «Miss Gendering». La parola inglese, scritta unita e con una solo “s”, indica il riferirsi a una persona trans con i pronomi di un genere diverso da quello con cui si identifica. Com’è andata? «Non bene, mi hanno squalificato», dice ridendo. E poi più serio: «È così vecchio cercare di capire una persona dai genitali con cui è nata».