Da nemico giurato di Renato Schifani, ad “alleato” del centrodestra per strategia parlamentare? Cateno De Luca, o meglio «scateno» come è stato definito in campagna elettorale per la virulenza dei suoi attacchi politici agli avversari, è tornato al centro della scena politica in Sicilia nel giorno dell’insediamento dell’Assemblea regionale. Ci sono voluti 45 giorni prima che il Parlamento prendesse piene funzioni, per via di errori durante lo scrutinio delle schede soprattutto in alcune sezioni di Catania, Messina e Siracusa. Costretto a rimanere lontano dopo il voto per un malore, De Luca è riapparso ieri dopo un periodo di riabilitazione, lasciando il segno. Perché sull’elezione di Gaetano Galvagno – pupillo di Ignazio La Russa – al vertice dell’Ars, per il Pd ci sarebbe lo zampino del leader del movimento Sicilia Vera, che alle politiche è riuscito persino a piazzare due parlamentari nazionali. Se c’è stato il tentativo dei tre gruppi d’opposizione di approfittare della rottura di Gianfranco Miccichè (leader di Fi in Sicilia) col governatore Schifani, è fallito miseramente.

Prima dell’ingresso in aula a tentare di sparigliare le carte ha pensato proprio Miccichè: «Io non mi sento più di fare parte della maggioranza, mi sento libero di decidere volta per volta», è stata la bomba sganciata fuori dalla buvette riferendosi alle delusioni per le trattative sulla formazione della giunta Schifani. Chiarendo che rispetto al nome di Galvagno per la presidenza dell’Ars – sostenuto dalla maggioranza – «alle prime due votazioni» non l’avrebbe appoggiato, «se alla terza gli servirà il mio voto glielo darò». Una profezia azzeccata, quella di Miccichè.

Senza quorum alla prima votazione, Galvagno è stato eletto al secondo tentativo ottenendo 43 voti, tre in più rispetto ai 40 del centrodestra. Ma se Miccichè e anche gli altri tre deputati di Fi in dissenso non hanno votato per Galvagno facendo scendere la quota della maggioranza da 40 a 36, chi è stato a permettergli di essere eletto al secondo scrutinio? Per il segretario del Pd Anthony Barbagallo sul voto segreto c’è la firma di Cateno De Luca: tranne lui, i suoi sette parlamentari avrebbero votato per l’uomo di FdI. In cambio De Luca avrebbe ottenuto la promessa di uno dei suoi alla vice presidenza dell’Ars (il voto è in programma mercoledì prossimo), soffiandola così al Pd al M5s. Versione smentita dal coordinatore dei gruppi parlamentari Sicilia Vera e Sud chiama Nord, Danilo Lo Giudice: «Abbiamo votato scheda bianca evitando che si creassero le condizioni per imboscate d’aula finalizzate a far alzare il prezzo in trattative alle quali noi non siamo interessati». Ma a rivendicare la paternità delle 11 schede bianche è il M5s: «Sono nostre», dice Nuccio Di Paola, deputato del movimento. Tira un sospiro di sollievo Schifani: «Credo che il dato dell’elezione di Galvagno si commenti da sé, la maggioranza esce addirittura rafforzata».