Hédia Jrad, tunisina, è un’attivista per i diritti umani e delle donne. Nel 1989 è stata tra le fondatrici dell’Associazione tunisina delle donne democratiche (Atfd), di cui è stata presidente fino al 1995. Responsabile della scuola secondaria nel sindacato Ugtt (Unione generale dei lavoratori tunisini) negli anni 70: ha partecipato nel 1975 allo sciopero degli insegnanti ritenuto illegale e nel 1978 ha vissuto la pesante repressione subita dal sindacato. Abbiamo rivolto a Hédia Jrad alcune domande sulla nuova costituzione e sul referendum per approvarla indetto per il 25 luglio.

La Tunisia sembrava la sola esperienza positiva tra le rivolte arabe del 2011 ma la caduta di un dittatore non ha eliminato la possibilità che un nuovo presidente assumesse tutti i poteri.

Ebbene sì, siamo lontani dalle speranze suscitate dalla rivoluzione del 2011. Per più di dieci anni l’islamismo politico e i suoi alleati al potere hanno portato il paese a un fallimento a tutti i livelli: socioeconomico, politico, ecologico e culturale. La costituzione del 2014, frutto di laboriosi compromessi, ha lasciato spazio a interpretazioni che hanno portato a un blocco delle istituzioni e, in seno al parlamento, a scontri inauditi tra deputati di diverse tendenze, mentre la situazione economica andava di male in peggio. Questo spiega in gran parte il favore con cui è stata accolta la sospensione dell’Assemblea dei rappresentanti del popolo (parlamento) da parte del presidente della repubblica e l’instaurazione di uno stato di eccezione per mettere fine a un fallimento evidente. Ma si poteva tollerare una stato di eccezione senza porre dei limiti alla durata e senza garanzie per ridurre i rischi che hanno portato alla concentrazione di tutti i poteri nelle mani del presidente della repubblica? Senza limiti e garanzie lo stato di eccezione si è prolungato suscitando inquietudini e malcontento. Dopo il decreto 117 del 22 settembre (sulle misure eccezionali) il presidente ha assunto tutti i poteri e le minacce di un ritorno alla dittatura si confermano ogni giorno di più. Tuttavia il presidente continua ad avere sostegno grazie a un discorso populista e una vaga promessa che metterà fine alla corruzione e a tutti i «mali» perpetrati dai suoi predecessori. «Il popolo vuole!» questo lo slogan del presidente che ha ancora effetto. Molti vi aderiscono per manifestare l’opposizione a forme di lotta e di governo che non hanno portato miglioramenti.

Quali sono gli aspetti più pericolosi della nuova costituzione? 

È già una illusione credere che una nuova costituzione, redatta unilateralmente, possa risolvere tutti i problemi del paese. Molte disposizioni della costituzione del 2014, strappate a Ennahdha che era al potere, con lotte e un’ardua resistenza, sono scomparse. Il secondo articolo sulla natura civile dello stato è stato eliminato, l’uguaglianza tra uomo e donna è appena evocata come le pari opportunità, la parità, il riferimento alle convenzioni internazionali e ai diritti umani. Nell’articolo 5, la Tunisia è definita parte della comunità musulmana e riserva al solo presidente della repubblica il diritto di perseguire le finalità dell’islam, secondo una lettura di cui ignoriamo la deriva. Dopo l’apparizione sulla gazzetta ufficiale del 30 giugno 2022 un’altra versione corretta del testo ha precisato che queste finalità saranno misurate con il metro della democrazia! Fatto ancor più inquietante è che la religione è chiaramente indicata come fonte del diritto. I diritti delle donne e le libertà individuali saranno le prime vittime. 

Altri articoli e capitoli rimettono in causa la separazione dei tre poteri e mettono fine alle istanze indipendenti costituzionalmente riconosciute nel 2014, quelle relative ai media, corruzione, e diritti umani spariranno dal panorama politico. Il potere giudiziario viene ridotto a una funzione e privato di indipendenza. La concentrazione dei poteri nelle mani del presidente appare nella formulazione di diversi articoli e mette in pericolo la democrazia. 

Le donne tunisine hanno lottato per garantire i loro diritti nella costituzione del 2014, in quella nuova sono mantenuti?

Garantiti? Veramente no! L’Associazione delle donne democratiche ha subito suonato l’allarme, così come numerose altre associazioni femministe e rappresentanti di diverse settori femminili. La nostra paura nasce essenzialmente dall’articolo 5 la cui applicazione potrebbe rimettere in causa il diritto all’aborto, ostacolare il dibattito sull’uguaglianza nel diritto di successione, limitare la parità, confondere cittadinanza e identità religiosa, ricorrere al concetto di onore per attentare all’integrità fisica delle donne e alla loro dignità. Questo progetto di nuova costituzione si inserisce in una società patriarcale legittimando il dominio maschile attraverso la strumentalizzazione della religione.

Il presidente è contro i partiti islamisti, soprattutto Ennahdha che aveva la maggioranza nel parlamento disciolto. Questo ha portato dei laici a sostenerlo?  

Il presidente è contro tutti i partiti! Il suo primo obiettivo è quello di smantellare le formazioni politiche che si sono rafforzate in dieci anni di potere. Sicuramente ha goduto dell’appoggio di tutti quelli che avevano riposto le speranze nei partiti islamisti e i loro alleati che in dieci anni si sono mostrati incapaci di rispondere alle rivendicazioni più elementari, accusati di essersi arricchiti alle spalle del «popolo». Ai laici, di cui parli, importava che l’islam politico e i «corrotti» fossero esclusi dal potere. Il secondo obiettivo del presidente è quello di emarginare e screditare tutte le organizzazioni, come l’Ugtt, e associazioni, comprese quelle note per la loro opposizione a Ennahdha. Le une dopo le altre sono state prese di mira da discorsi sprezzanti con l’obiettivo di indebolirle e con anatemi lanciati contro i/le loro militanti.  L’approccio del presidente si basa su un populismo di destra con, per di più, la religione come referente essenziale. Le sfide del momento non sono solo giuridiche ma eminentemente politiche. 

Kais Saied è stato eletto nel 2019 con il 70 per cento dei voti. Ha ancora un forte sostegno dopo l’assunzione di tutti i poteri?

Tutti i mezzi sono utilizzati per far approvare la nuova costituzione. L’Isie (Istanza superiore indipendente per le elezioni), i cui membri sono stati nominati dal presidente della repubblica, non sono più l’istanza autonoma istituita dal parlamento per garantire alle elezioni trasparenza e rappresentatività. La campagna elettorale per il sì ha una grande copertura mediatica, quella per il no ha scarsa possibilità di farsi sentire quando non è oggetto di attacchi e repressione. Gli appelli al boicottaggio sono assolutamente ignorati. Molti voteranno contro quello che è esistito prima del 25 luglio: in mancanza di alternativa, o per ingenuità politica o ancora per paura dell’ignoto, sosterranno Kais Saied… Ma le lotte continueranno anche dopo questa data.

Ci sono delle possibilità per bloccare la nuova costituzione? Quale sarà l’evoluzione della situazione?

Tutta l’opposizione dei partiti, soprattutto quelli che sono stati al potere, prima o dopo la rivoluzione del 2011, hanno poche possibilità di ascolto. La società civile si organizza e le donne e le loro organizzazioni sono al centro dei movimenti autonomi che si mobilitano per denunciare un processo predeterminato. Il tempo è poco, le forze democratiche sono divise. Ma non ci perdiamo d’animo: 40 associazioni si sono riunite in una «coalizione per la libertà, la dignità, la giustizia e l’uguaglianza», dei ponti dovrebbero essere costruiti con i partiti che si sono distinti sia da Ennahdha che dal processo in corso. È urgentissimo agire per un maggiore radicamento in una società che ha interiorizzato i messaggi e le barriere ideologiche distillati dai partiti islamisti; si può cambiare perché la Tunisia ha una storia costellata di realizzazioni positive e di conquiste che hanno fatto avanzare i diritti delle donne e hanno respinto numerose discriminazioni. Bisogna prepararsi al dopo 25 luglio….