Tutti alla corte del faraone al-Sisi: pare che il confronto tra Usa, Russia e Europa si sia silenziosamente spostato sul campo egiziano. Non solo per il ruolo del Cairo in Libia ma anche per la ridefinizione di influenze militari e commerciali.

Da domenica sono in corso una serie di meeting tra le autorità egiziane e le controparti statunitense, francese, russa, tedesca e britannica, un mare di consenso in cui il presidente golpista, campione di violazione dei diritti umani, sguazza.

Il ministro degli Esteri egiziano Shoukry è in questi giorni a Washington per incontrare l’establishment dell’amministrazione Trump e aprire la strada alla visita di al-Sisi di marzo. Ieri ha visto il consigliere della Sicurezza nazionale McMaster con cui ha discusso questioni militari, dalla Libia alla Siria.

McMaster ha paventato «nuovi orizzonti» di cooperazione, ovvero un’intensificazione dei rapporti per limitare il nuovo interventismo russo nel paese. Martedì era toccato al segretario di Stato Tillerson che ha presentato a Shoukry le intenzioni di Trump: sostenere economicamente l’Egitto e incrementare gli aiuti per la lotta al terrorismo.

Qualcosa di più, dunque, dei 1,3 miliardi di dollari in aiuti militari che ogni anno Washington gira al Cairo per mantenerlo sotto la propria ala: l’idea che muove la Casa bianca è il rafforzamento della presenza commerciale Usa (per lo più investimenti nei settori energetico, farmaceutico e automobilistico e nell’export di prodotti agricoli e macchinari) nel paese nordafricano dopo il netto calo degli ultimi anni, dai 6,3 miliardi di dollari in export del 2014 ai 3,5 del 2016.

Alla porta sta la Russia, convitato di pietra dell’incontro Shoukry-Tillerson. Perché Mosca, sulla scia dei risultati militari e diplomatici archiviati in Siria, tenta di applicare lo stesso modello alla Libia. Passando per l’Egitto: se martedì in Consiglio di Sicurezza Onu l’astensione egiziana sulla risoluzione anti-Damasco ha di nuovo palesato la vicinanza dei due paesi, è il sostegno ai piani del Cairo per Tripoli a cementare i rapporti.

A ciò si aggiunge l’intervento a gamba tesa nel settore commerciale, capace di disturbare i sogni Usa: negli ultimi tre mesi del 2016 lo scambio commerciale tra Egitto e Russia ha toccato i 3,5 miliardi di dollari, un +14%. E potrebbe salire ancora: nei giorni scorsi Il Cairo ha firmato un accordo da 60 milioni di dollari per l’importazione di 360mila tonnellate di grano russo.

Ieri al Cairo sono atterrate 35 aziende russe, guidate dal vice ministro del Commercio Niktin. Focus della due giorni è la costruzione di una zona industriale russa a Port Said dove far sbarcare compagnie energetiche, di costruzioni, ferroviarie, farmaceutiche. Il punto di partenza, nelle intenzioni russe, per aprire vie commerciali verso l’Africa.

Senza dimenticare gli aiuti militari: lunedì Mosca ha annunciato l’invio al Cairo di cinquanta Mig-29 entro il 2020, dopo il regalo di una corvetta Rka-32 ad agosto, per l’uso della quale l’esercito russo sta addestrando quello egiziano.

Nello scontro commerciale invisibile tra Washington e Mosca, si infilano anche gli europei. Regna il silenzio sulla barbara repressione in corso in Egitto, con Bruxelles rimasta a guardare mentre l’Italia tentava pressioni sul Cairo per ottenere verità per Giulio Regeni: all’epoca del ritiro dell’ambasciatore italiano, invece di dare solidarietà la Francia si gettò a pesce sperando di infilarsi nell’eventuale vuoto lasciato da Roma. Così non è stato ma la guerra commerciale intra-europea prosegue.

Oggi la cancelliera tedesca Merkel sarà al Cairo con trenta imprese tedesche: incontrerà al-Sisi con cui discuterà di cooperazione economica. Anche qui i dati sono significativi: secondo partner commerciale dopo l’Italia, Berlino conta 3.300 aziende nazionali in territorio egiziano con un incremento costante del commercio bilaterale negli ultimi anni (nel 2016 pari a 6 miliardi).

Presenti all’appello anche Gran Bretagna, Francia e Spagna: domenica il segretario agli Esteri di Londra Johnson ha fatto visita ad al-Sisi presentandosi con tre pacchetti di aiuti (un prestito di 150 milioni di dollari, 70 partnership tra università e 50 milioni di dollari per lo sviluppo economico); martedì è stata la volta del ministro della Difesa di Parigi Le Drian che, sempre al cospetto di al-Sisi, ha discusso dell’ulteriore incremento di una cooperazione militare bilaterale che non ha precedenti; e oggi arrivano 35 aziende spagnole.