Scatta oggi da Budapest il Giro d’Italia, edizione centocinque.  In Ungheria si rimarrà tre giorni e chi più piange, di tutti, è il Tirreno, nel senso del re degli Etruschi. Si ignora infatti la Toscana, preferendo i quattrini di Orbán alla memoria di Bartali, Martini o Ballerini. Pazienza.

Dall’Ungheria si sarebbe dovuti partire l’anno scorso, poi il covid aveva fatto saltare i programmi. Ora la TV ha deciso che il covid non c’è più, e si può riproporre il via dall’estero, per la quattordicesima volta. Con un ritardo che agli organizzatori delle tappe magiare è venuto, tutto sommato, benone.

Con la pandemia, specialmente a Budapest, l’uso della bici è esploso; e soprattutto gli ungheresi, poveri, come tutti i paesi ex socialisti, di pantheon ciclistico, possono nel frattempo vantare una gloria locale, quell’Attila Valter in rosa l’anno scorso, e che si presenta al via, se non con qualche velleità, di sicuro con qualche riflettore addosso.

Lo stivale la corsa lo risalirà dalla Sicilia, e anche questa sta diventando un’abitudine. In un Giro duro nel complesso, ma senza troppe giornate da tregenda, decisivi saranno Marmolada e Mortirolo. Nel mezzo diverse occasioni per imboscate più che per battaglie campali.

Favorito d’obbligo l’ecuadoriano Carapaz, che ha l’abitudine di vincere sfruttando i litigi altrui: quello tra Nibali e Roglic al Giro (anche quella edizione si chiuse a Verona), quello tra belgi all’Olimpiade ultima.  Torna tra i pretendenti, dopo un periodo sabbatico dal quale è rientrato senza acuti, Dumoulin. Altri avversari Yates, Landa e Lopez, accomunati dall’abitudine ad incappare, nell’arco delle tre settimane, almeno in una giornataccia.

C’è poi il curioso fenomeno dei francesi che ci hanno abituati a trovare al Giro rifugio dalle troppe pressioni cui sono sottoposti al Tour: il capofila della spedizione sarà Bardet, Gianni Mura avrebbe tifato per lui. La caccia alle tappe dovrebbe vivere del duello tra Valverde (42 anni e non sentirli, ci ha abituati male) e Van der Poel, il più atteso alla partenza. Per gli italiani, buio pesto, dopo la peggiore primavera ciclistica che si ricordi per i colori azzurri (difficile abituarsi).

Qualcosa proverà a fare Nibali nostro, alla sua età si attende sempre e solo lui. Altro grande vecchio Cavendish, che si lotterà i traguardi veloci con Ewan e Demare. Sta diventando infine un’abitudine quella dei detentori di non ripresentarsi ai nastri di partenza.

Non se ne può fare una colpa a Bernal, trionfatore del ’21: travolto da un camion in allenamento (brutta abitudine, che a molti ciclisti è costata la vita), è vivo per miracolo. Auguri a lui di pronta guarigione e di buon Giro a tutti noi.