Duemilacinquecento poliziotti presidiavano ieri l’area della Spianata della moschea di Al Aqsa e del Muro del Pianto. Un poliziotto ogni metro nella città vecchia di Gerusalemme. Uno spiegamento di forze enorme «per prevenire», annunciavano due giorni fa autorità e media israeliani, «proteste e violenze palestinesi» in occasione di una importante ricorrenza della Pasqua ebraica. Ma il «Birkat hacohanim», la cerimonia che vede i discendenti maschi della casta sacerdotale riunirsi per impartire una benedizione, si è svolta senza incidenti al Muro del Pianto e nelle aree vicine. Una ulteriore conferma che la tensione di questi giorni non nasce da contrasti tra Islam ed Ebraismo e che non è in atto una guerra fra religioni.

Il motivo delle proteste, affermano i palestinesi, sono le intenzioni annunciate la scorsa settimana da gruppi della destra religiosa israeliana di tenere sacrifici rituali sulla Spianata di Al Aqsa (il Monte del Tempio per gli ebrei) e di proseguire «visite» al sito religioso volte a porre le basi per la ricostruzione del biblico Tempio. «Tour» che si sono svolti anche ieri, sotto la scorta di decine di agenti di assetto antisommossa, e che sono stati seguiti dalle contestazioni e e lanci di sassi degli «Shebab al Aqsa», giovani che si proclamano difensori il sito islamico. Domenica il premier israeliano Bennett ha dato «mano libera» alle forze di sicurezza per riprendere il controllo di Gerusalemme Est. L’esercito intanto prosegue i suoi raid in Cisgiordania alla caccia, spiega il portavoce militare, di «terroristi» e di «complici» degli attentatori che nelle scorse settimane hanno ucciso 14 israeliani in quattro città. Ventidue sono i palestinesi uccisi dai soldati nello stesso periodo.

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Hamas avverte Israele: niente sacrifici rituali sulla Spianata di Al Aqsa

Per Israele è in atto una campagna sui social palestinesi, alimentata dal movimento islamico Hamas, su un presunto suo tentativo «di impossessarsi della moschea di Al-Aqsa» che ha lo scopo causare proteste e tensione. Ma anche l’alleata Giordania, custode dei luoghi santi di Gerusalemme, denuncia un tentativo di Israele di alterare lo status quo nella città vecchia che da decenni vede i cristiani pregare al Santo Sepolcro, gli ebrei al Muro del Pianto e i musulmani ad Al Aqsa. Gli ebrei possono visitare la Spianata ma non pregarvi, almeno non in modo organizzato. Lo farebbero comunque, denunciano i palestinesi, con il tacito assenso della polizia. Ieri il ministro giordano degli esteri Ayman Safadi ha «salutato» i palestinesi che difendono Al Aqsa, quindi, ha convocato l’incaricato di affari dell’ambasciata di Israele ad Ammam per protestare contro il comportamento della polizia sulla Spianata. Ha aggiunto la Giordania è impegnata in sforzi continui per «misurarsi con le misure illegali adottate da Israele per alterare lo status legale e storico nei Luoghi santi di Gerusalemme». Due giorni fa anche re Abdallah, che si trova in Germania per cure mediche, ha espresso la propria insoddisfazione per la situazione a Gerusalemme e ha esortato Israele a «cessare le provocazioni».

I riflessi della guerra tra Russia e Ucraina raggiungono la Spianata delle moschee di Gerusalemme. Vladimir Putin ha telefonato al presidente dell’Autorità Nazionale Abu Mazen – rimasto in silenzio sull’attacco di Mosca all’Ucraina – per esprimere solidarietà ai palestinesi e la condanna delle azioni israeliane su Al Aqsa. Un passo che segue il voto favorevole del governo Bennett alla sospensione della Russia dal Consiglio dei diritti umani dell’Onu. Qualche giorno fa il Cremlino ha accusato Israele di «approfittare della situazione in Ucraina per distrarre l’attenzione della comunità internazionale da uno dei più antichi conflitti irrisolti: quello israelo-palestinese».