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Aiea: niente bomba sporca. Nyt: «Nel 2016 l’intesa Trump-Putin»

Aiea: niente bomba  sporca. Nyt: «Nel 2016 l’intesa Trump-Putin»Trump e Putin – Ap

Il limite ignoto Il quotidiano Usa: il «piano Mariupol» aprì il Russiagate. Su Mosca critiche interne per il rientro (troppo veloce) nell’accordo sul grano

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 4 novembre 2022

L’Ucraina non ha fornito nessuna garanzia per favorire il rientro della Russia nell’accordo sul grano. A dichiararlo è stato il portavoce del ministero degli Esteri ucraino, Oleg Nikolenko. Mercoledì il presidente russo Putin aveva dichiarato di aver ricevuto dalla controparte assicurazioni sul fatto che i corridoi marittimi utilizzati per le esportazioni di cereali dai porti ucraini non sarebbero stati più sfruttati per nuovi attacchi alle postazioni e alla flotta russa. Il che suona come uno smacco al leader del Cremlino che aveva giustificato il suo rientro nell’Intesa sul grano in modo poco chiaro a meno di 24 ore dall’annuncio di uscirne.

LA MOSSA non è stata percepita come ambigua solo all’estero, anche l’opinione pubblica interna di Mosca ha criticato il dietrofront. Secondo il New York Times, i blogger militari russi hanno iniziato a palesare malcontento per quella che è interpretata come una «dimostrazione di debolezza». La testata americana ha citato l’esempio di Yuri Podolyaka, influencer russo con 2,8 milioni di follower su Telegram, che ha scritto: «Questa debolezza avrà un impatto negativo su tutto: in prima linea, nelle retrovie, nell’arena internazionale».

MA IL QUOTIDIANO di New York ha creato molto più scalpore pubblicando un’inchiesta sui presunti legami dell’ex presidente Donald Trump e il suo omologo russo Putin. Secondo il Nyt, nel 2016 il capo del comitato elettorale di the Donald, Paul Manafort, avrebbe concluso un accordo con Konstantin Kilimnik, emissario politico del Cremlino inviato negli Usa ufficialmente in viaggio d’affari. Il nome designato per l’intesa sarebbe stato «piano Mariupol», dall’omonima città portuale che quest’anno è effettivamente stata teatro di battaglie sanguinose. Kilimnik avrebbe informato Manafort dell’intenzione di Putin di occupare la zona orientale della costa ucraina del Mar Nero e di riunirla alle repubbliche separatiste del Donbass (all’epoca in guerra con il governo di Kiev già da due anni) mettendo a capo addirittura Viktor Janukovyc, l’ex presidente ucraino costretto a fuggire in Russia dopo le proteste di Maidan.

In cambio del beneplacito americano sull’operazione che avrebbe di fatto smembrato l’Ucraina, in evidente contrasto con la politica estera di Washington da Clinton in poi, Trump avrebbe ottenuto il supporto dell’intelligence di Mosca per le elezioni. E dunque il «Russiagate», la propaganda massiccia su internet che ha contribuito all’incredibile rimonta e alla vittoria di Donald Trump sarebbero frutto di uno scambio di «favori» tra i due leader. I «troll» sui social network, la campagna diffamatoria contro l’allora candidata democratica Hillary Clinton e la diffusione sistematica di fake news volte a screditare il partito democratico sarebbero il prezzo che il candidato repubblicano ha pagato in cambio dell’integrità territoriale ucraina.

A PROPOSITO di campagne mediatiche, ieri l’Agenzia internazionale per l’energia atomica ha pubblicato i risultati delle ispezioni su tre centrali nucleari ucraine nelle quali è stata chiamata a verificare la presenza delle cosiddette «bombe sporche» denunciate dai russi nelle ultime settimane. Nella nota conclusiva della relazione si afferma che non sono state trovate prove di «attività nucleari non dichiarate» nei siti ispezionati.

NELLA CENTRALE NUCLEARE di Zaporizhzhia occupata dai russi dalla scorsa primavera e più volte al centro dei timori su un possibile «disastro nucleare», invece, si è registrato una nuova interruzione di corrente. La compagnia nazionale per l’energia atomica ucraina, Energoatom, ha dichiarato che l’impianto è in «blackout totale»: le ultime due linee di comunicazione ad alta tensione con il sistema elettrico ucraino sono state danneggiate. I generatori elettrici a diesel sono entrati in funzione e, stando a Energoatom, il carburante dovrebbe essere sufficiente per 15 giorni. Tuttavia, gli ucraini temono che queste nuove interruzioni siano dovute al tentativo di deviare il flusso di energia in uscita verso i territori occupati e separatisti, in particolare al Donbass e alla Crimea.

NONOSTANTE le tensioni, ieri è stato portato a termine un nuovo scambio di prigionieri tra i belligeranti e ben 107 soldati ucraini, tra cui 74 combattenti impegnati nell’acciaieria «Azovstal» di Mariupol, sono stati rilasciati in cambio di altrettanti militari russi.

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