Aggiornamenti di Pierre Lemaitre al suo ritratto del Novecento francese
Veronica Lake e Alan Ladd in una scena da «Saigon», film di Leslie Fenton del 1948
Alias Domenica

Aggiornamenti di Pierre Lemaitre al suo ritratto del Novecento francese

Scrittori francesi «Il gran mondo», da Mondadori
Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 6 novembre 2022

Gli anni che vanno dal 1945 al 1975 vengono chiamati, in Francia, «i Gloriosi Trenta»: crescita economica, piena occupazione, aumento del potere d’acquisto e, di conseguenza, del consumismo di massa, giustificano l’aggettivo «glorioso» benché il dopoguerra si apra fra indigenza e disoccupazione, mentre oltremare l’impero coloniale si avvia a crollare.

Alle zone d’ombra del trentennio, Pierre Lemaitre dedica la seconda parte del suo progetto narrativo sul Novecento francese, cominciato con la trilogia dei Figli del disastro e destinato, secondo le sue parole, «a spogliare il XX secolo in 10 libri, dal 1920 al 1989». Attraverso le disavventure di gente comune – «scrivo sulla classe e per la classe da cui provengo» – Lemaitre mette a fuoco la corruzione, le nefandezze e le miserie che la narrazione ufficiale tralascia o minimizza. Mentre in Francia già si annuncia l’uscita del secondo romanzo della quadrilogia sui «Trente Glorieux» e l’autore dichiara di avere pronta gran parte del terzo, in Italia esce il primo volume, Il gran mondo (traduzione di Elena Cappellini, Mondadori, pp. 618, € 23,00).

Testimone del proprio tempo più che romanziere storico, Lemaitre costruisce una saga familiare che si apre a Beirut nel 1948, per poi spostarsi a Saigon e Parigi, incrociando eventi storici quasi dimenticati: i grandi scioperi del 1948, gli scandali finanziari orditi nelle colonie, la nascita di un giornalismo apolitico d’assalto, il conflitto indocinese con il suo corollario di terrorismo, prevaricazione, torture, settarismi religiosi e capitalismo di guerra fondato sulla corruzione.

Sono questi gli accidenti con cui si scontrano i membri della famiglia Pelletier – un imprenditore francese che ha fatto fortuna in Libano impiantando una fabbrica di sapone, la moglie e quattro figli: a Beirut, i genitori vedono con tristezza il progressivo allontanarsi dei figli; a Parigi, il primogenito, Jean, sposato a una donna arrogante e volgare, dopo un’esperienza fallimentare alla dirigenza del saponificio, si trova a fronteggiare la mancanza di alloggi e di lavoro, mentre il secondogenito, François, tenta di inserirsi nel mondo del giornalismo e la più piccola, Hélène, va alla deriva frequentando ambigue compagnie; a Saigon, Étienne, il terzo dei quattro figli, partito alla ricerca dell’amante arruolato nella legione straniera, conosce gli stravolgimenti della guerra, frequenta le fumerie di oppio e scopre una colossale truffa legata al trasferimento di fondi verso la Francia, uno scandalo finanziario che ebbe luogo realmente, «l’affare delle piastre».

Come già in Ci rivediamo lassù, al centro del romanzo Lemaitre racconta dunque una frode (che, come rivelerà un colpo di scena finale, è un anello, ma non il solo, di congiunzione con la precedente trilogia) che funziona da trasposizione narrativa della poetica di Lemaitre, secondo il quale il romanzo, raccontando di eventi falsi che si spacciano per veri, è anch’esso una sorte di truffa, la cui riuscita si fonda su una solida struttura, e su una relazione logica fra trama e personaggi.

Destreggiandosi fra storia individuale e collettiva, narrazione familiare e noir, racconto sociale e politico, analisi psicologica e feuilleton, Lemaitre si conferma insuperabile romanziere nazionale e popolare in senso gramsciano, mentre a restituirci la sua vivacità, e la sua destrezza stilistica pensa la bella traduzione di Elena Cappellini.

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