Internazionale

Agatha, 8 anni, uccisa nella favela dalla polizia militare

Agatha, 8 anni, uccisa nella favela dalla  polizia militare – Afp

Nel Brasile di Bolsonaro I «protocolli rigidi» delle politiche securitarie fanno strage anche di bambini

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 24 settembre 2019

Neppure una frase di circostanza dalla bocca di Bolsonaro sul caso della morte della piccola Ágatha Félix, uccisa venerdì dalla polizia militare nella favela Complexo Alemão di Rio de Janeiro. Mentre la foto della bambina di 8 anni dal volto radioso inondava le reti sociali, insieme all’hashtag #ACulpaEDoWitzel, la colpa è di Witzel, il governatore di estrema destra di Rio de Janeiro, e migliaia di persone scendevano in piazza contro la politica di sterminio della popolazione povera delle favelas, il presidente elogiava in un tweet il ruolo dell’esercito, «sempre al lavoro anche nel fine settimana».

Quanto a Witzel, di cui è diventata celebre l’esortazione alla polizia a «mirare alla testa e… fuoco!», ha impiegato più di 24 ore per intervenire sull’accaduto, con una nota di cordoglio «per la morte della piccola Ágatha, come di tutte le vittime innocenti». Già lo scorso mese, del resto, dopo l’assassinio di sei persone in cinque giorni di operazioni della polizia, e il ferimento di un bambino di due anni, era partita addirittura una richiesta di scuse anticipata: «Il governatore e il governo dello stato lamentano profondamente tutte queste morti. Queste e tutte le altre che potranno verificarsi in futuro». Una facile profezia.
Questa volta il governo ha anche annunciato l’apertura di un’indagine su quanto avvenuto, insieme però a un elogio della politica di sicurezza condotta nello stato nel rispetto di «protocolli rigidi» riguardo alla «preoccupazione di preservare vite».

Quanto sia profonda tale preoccupazione, lo indicano bene le cifre: il numero di morti durante le operazioni della polizia militare è aumentato del 46% sotto il governo Witzel e quello dei bambini feriti è cresciuto addirittura dell’80%. In molti casi, non sono noti neppure i nomi. Si conoscono però quello di Jenifer Silene Gomes, 11 anni, assassinata con un colpo di arma da fuoco all’addome il 14 febbraio a Triagem, mentre, di ritorno dalla scuola, sbucciava cipolle sulla porta del bar di famiglia, e quello di Kauã Vítor Nunes Rozário, 11 anni anche lui, ucciso il 10 maggio durante un conflitto a fuoco, mentre andava in bicicletta a Bangu. Dal 2007 al 2019 sono ben 57 i bambini e le bambine uccisi da proiettili vaganti.

Nel caso di Ágatha, in base alla versione ufficiale, agenti dell’Unità di «Polizia Pacificatrice» di Fazendinha, attaccati simultaneamente da vari punti della comunità, avrebbero risposto al fuoco, colpendo incidentalmente la bambina, che si trovava all’interno di un furgoncino mentre rientrava a casa con la famiglia. Secondo i testimoni, tuttavia, gli agenti avrebbero sparato contro una moto e un proiettile di rimbalzo avrebbe raggiunto Ágatha alla schiena. «Diranno che è morta una bambina durante una sparatoria – ha dichiarato disperato il nonno, Aílton Félix -. Che sparatoria? Sparatoria con chi? Perché non c’era nessuno, nessuno». «La nostra vita non vale niente – ha commentato il rapper Emicida -. Siamo in suolo nemico».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento