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Adesso rischia anche il protocollo con l’Albania

Adesso rischia anche il protocollo con l’AlbaniaGetty Images

Corte di Giustizia Ue Restano validi i provvedimenti con i quali il tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento di alcuni migranti tunisini nel Centro di Modica-Pozzallo

Pubblicato 8 mesi faEdizione del 15 marzo 2024

La Corte di giustizia europea ha deciso di non accogliere la questione d’urgenza sollevata dalla nostra Cassazione: restano validi i provvedimenti con i quali il tribunale di Catania non ha convalidato il trattenimento di alcuni migranti tunisini nel Centro di Modica-Pozzallo. Trattenimento che il questore di Ragusa aveva disposto sulla base del «decreto Cutro» che com’è noto prevede una garanzia finanziaria per evitare il trattenimento.

Non c’era nessuna ragione di urgenza per la decisione della Corte di giustizia, i richiedenti asilo non sono più in stato di detenzione. La vera ragione di urgenza era la necessità del governo Meloni di ottenere prima delle prossime elezioni una sconfessione delle decisioni delle giudici di Catania Apostolico e Cupri. Ma la Corte europea non si è piegata alle esigenze politiche del governo italiano. Per la sentenza dei giudici di Lussemburgo si dovrà attendere almeno un anno. E intanto le decisioni dei giudici di Catania rimangono pienamente efficaci.

Secondo le giudici Apostolico e Cupri, l’articolo 6-bis del decreto legislativo 142/2015, come modificato dal decreto Cutro prevede una garanzia finanziaria la cui prestazione si configura non come misura effettivamente alternativa al trattenimento, ma come un requisito imposto al richiedente asilo, proveniente da un «paese terzo sicuro», per evitare il trattenimento amministrativo, requisito che nella pratica non si potrebbe mai adempiere.

In questo modo, in contrasto con la vigente direttiva europea in materia di procedure di asilo, il trattenimento amministrativo dei richiedenti asilo avrebbe carattere generalizzato.

La Cassazione chiedeva ai giudici di Lussemburgo se gli articoli 8 e 9 della direttiva 2013/33 risultassero ostativi rispetto a una normativa di diritto interno che contempli quale misura alternativa al trattenimento del richiedente (che non abbia consegnato il passaporto o altro documento equipollente e che non possa provvedere alle proprie necessità), la prestazione di una garanzia finanziaria di ammontare stabilito in misura fissa anziché in misura variabile, «senza consentire alcun adattamento dell’importo alla situazione individuale del richiedente, né la possibilità di costituire la garanzia stessa mediante l’intervento di terzi».

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In realtà la Corte di Cassazione avrebbe già potuto decidere sulla legittimità dei provvedimenti del questore di Ragusa, sotto il profilo delle carenze di motivazione, rilevate dai giudici del Tribunale di Catania, ma aveva preferito rimettere alla Corte di Lussemburgo la complessiva questione dell’incompatibilità della disciplina sul trattenimento derivante dal decreto Cutro, con la normativa dettata dall’Unione europea.

Con questo rinvio alla procedura ordinaria da parte della Corte di Giustizia, rimane assai incerta l’applicazione del Protocollo Italia-Albania che si basa sulle «procedure accelerate in frontiera» e sul trattenimento amministrativo generalizzato per coloro che «provengono da paesi terzi sicuri». Non si vede davvero quale «garanzia finanziaria» potrebbero offrire le persone migranti soccorse in acque internazionali e deportate in Albania.

Si può attendere su tempi più lunghi un esercizio imparziale della giurisdizione, magari un intervento della Corte Costituzionale, sulle misure di trattenimento nelle procedure di asilo applicate in frontiera.

A meno che il governo non ricorra all’ennesimo decreto legge «sicurezza», ancora una volta in violazione del sistema gerarchico delle fonti imposto dalla Costituzione (all’articolo 117). In giorni nei quali sembra smarrito il valore della vita umana, dal genocidio in Palestina fino alle ricorrenti stragi di Stato nelle acque del Mediterraneo, il rispetto delle regole formali stabilite a livello europeo, a garanzia della libertà personale di chi fugge in cerca di protezione, e del diritto di asilo, costituisce un banco di prova per le residue possibilità di sopravvivenza delle democrazie europee, sempre più orientate, in vista delle prossime scadenze elettorali, a negare non solo i diritti ma la stessa presenza dei richiedenti asilo, ristretti in spazi considerati ancora al di fuori del territorio statale, se non deportati nei paesi terzi.

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