Addio Gleb Panfilov, cinema d’umanità

Il regista russo è morto sabato scorso a Mosca all’età di 89 anni. Panfilov si era affermato nei festival internazionali, vincendo il Pardo d’oro a Locarno nel 1969 per il suo lungometraggio d’esordio Non c’è passaggio nel fuoco, l’Orso d’oro a Berlino nel 1987 per Tema e il premio per il miglior contributo artistico a Cannes nel 1990 per La madre.

Nato a Magnitogorsk il 21 dicembre 1934, dopo la laurea in ingegneria chimica trovò lavoro in fabbrica, ma il suo interesse per il cinema diventò sempre più forte e decise infine di dedicarsi alla macchina da presa. Il già citato esodio fu un grande successo. Con Il debutto (1970), in cui una giovane operaia chiamata a interpretare il ruolo di Giovanna d’Arco sogna di cambiare la sua vita, e Chiedo la parola (1976), storia di una donna sindaco lacerata fra dubbi e necessità di fronteggiare le responsabilità politiche, Panfilov costituisce un triplice ritratto di donne al di fuori delle convenzioni del realismo socialista. Tema, girato nel 1979, fu censurato dal regime sovietico e fu distribuito solo nel 1986, con l’avvento al potere di Gorbaciov. Il film racconta la storia di un commediografo in crisi creativa ed esistenziale, vittima della sua debolezza e di un sistema che annienta la creatività e l’indipendenza a vantaggio della mediocrità e del compromesso.

Aveva suscitato polemiche in Russia il suo film I Romanov: una famiglia incoronata (2000), da cui è stata tratta una versione televisiva in cinque episodi. Il regista racconta la storia degli ultimi mesi di vita della famiglia reale russa, uccisa dopo la Rivoluzione dai bolscevichi, con meticoloso realismo realizzando, malgrado il suo aspetto di affresco storico, un film intimista e offrendo il ritratto di un sorprendente zar Nicola II Romanov, spogliato di ogni aureola sanguinaria ma anche di ogni mito.