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Addio all’«euromediterraneo» Domenico Jervolino

È con sofferta nostalgia che ricordiamo Domenico Jervolino. Un comune vissuto. Scrivere della sua attività, cultura, amore per la formazione dei suoi studenti, delle ragazze e dei giovani di Democrazia […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 1 marzo 2018

È con sofferta nostalgia che ricordiamo Domenico Jervolino. Un comune vissuto.

Scrivere della sua attività, cultura, amore per la formazione dei suoi studenti, delle ragazze e dei giovani di Democrazia Proletaria e di Rifondazione Comunista è un atroce e dolce scavare anche dentro di noi.

Ci assalgono ricordi, immagini, emozioni. Avremo il tempo di sistematizzare il suo pensiero. Speriamo in una Fondazione.

Domenico è stato, infatti, un vero intellettuale «organico».

La sua cultura, profonda, vasta, innovativa permeava la sua funzione di militante e dirigente politico (un servizio, per lui, mai una ” carriera”). E, insieme, odiava la gabbia dell’inerte ruolo accademico.

Figlio del ’68 cristiano, della Teologia della Liberazione, giungeva all’anticapitalismo, alla profonda adesione al marxismo, non economicista, non scolastico vivendo le ingiustizie dentro un lavoro di comunità, un mutualismo non assistenzialista ma innervato nel conflitto sociale. Partecipazione popolare, autogestione, sono i tratti distintivi del suo pensiero e della sua azione, non movimentisti ma capaci di investire gli equilibri istituzionali. Radicalità, non massimalismo. La sua vita istituzionale fu sempre proiezione di democrazia diretta.

Si ispirava alla concezione costituzionale della Comune di Parigi (rotazione delle cariche, retribuzione sempre versata al partito ed alle associazioni). Gli faremmo un torto se, anche se in queste scarne note, non citassimo la sistematica riflessione di un finissimo intellettuale , noto soprattutto in Europa e America Latina, che ha scavato dentro il rapporto tra «logica del concreto ed ermeneutica della vita morale».

Discepolo di Piovani e di Ricoeur, ha introdotto in Italia l’insegnamento di Gadamer. La produzione scientifica di Domenico (che si combinava, in un magico intreccio, con un intervento congressuale, con un comizio elettorale) è ricchissima.

Da gramsciano, riconnetteva la filosofia del linguaggio di ispirazione fenomenologica – ermeneutica con un profondo interesse per la filosofia dell’azione. Fondò, nel 2007, evento a cui molto teneva, la Rete euromediterranea per il dialogo interculturale. Ci piace salutarlo con Bloch, che tanto amava : la rivoluzione come democratizzazione della vita quotidiana.

Addio Domenico; già ci manchi.

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