Acque sempre più agitate in Asia, tra Cina e Filippine è rotta di collisione
Scontro tra navi e accuse incrociate Pechino minaccia «azioni risolute». Nel mar Cinese meridionale l'assenza di regole d’ingaggio e il forte legame di Marcos Jr. con gli Usa diventano i fattori di massimo rischio
Scontro tra navi e accuse incrociate Pechino minaccia «azioni risolute». Nel mar Cinese meridionale l'assenza di regole d’ingaggio e il forte legame di Marcos Jr. con gli Usa diventano i fattori di massimo rischio
Mari agitati in Asia. Proprio mentre il “nuovo timoniere” Xi Jinping riemerge dal ritiro estivo dei vertici del Partito comunista a Beidaihe, la navigazione della Cina nelle acque contese con le Filippine si fa più tesa. Nelle ore in cui il presidente riceveva il nuovo leader del Vietnam, To Lam, le navi di Pechino e Manila sono entrate in rotta di collisione nel mar Cinese meridionale.
SUBITO DOPO, il via alle accuse incrociate. «Un’azione deliberata nonostante i nostri molteplici avvertimenti e che viola gravemente la sovranità della Cina», dice Mao Ning, portavoce del ministero degli Esteri, preannunciando nuove «misure risolute».
Le Filippine denunciano invece manovre definite «illegali e aggressive» che hanno provocato danni strutturali a due imbarcazioni della guardia costiera di Manila.
L’incidente è avvenuto nei pressi della secca di Sabina, zona ricchissima di risorse ittiche. Siamo a meno di 150 chilometri a ovest dalle coste filippine, ma nell’area sono da tempo ben presenti i pescherecci cinesi. È la prima volta che si verifica una collisione su questo atollo conteso. Le tensioni si erano sin qui sempre concentrate intorno alla secca di Second Thomas, un altro atollo dove Manila usa il relitto arenato della Sierra Madre (una nave americana della seconda guerra mondiale) come una mini base militare.
PECHINO CHIEDE DA ANNI la sua rimozione, senza successo. A ogni missione di rifornimento le navi dei due paesi si confrontano. Nell’ultimo anno ci sono state diverse collisioni e Manila ha denunciato più volte l’utilizzo di cannoni ad acqua e puntatori laser da parte delle più grandi navi cinesi.
A inizio giugno, durante il summit sulla difesa Asia-Pacifico di Singapore, il presidente filippino Ferdinand Marcos Jr ha fissato la sua linea rossa: «Se un cittadino filippino venisse ucciso in un’azione volontaria, saremmo vicini a un atto di guerra», ha risposto a chi gli chiedeva in che caso avrebbe evocato il trattato di mutua difesa che lega Manila agli Stati uniti. «In quel caso, si sarebbe passato il Rubicone».
AFFERMAZIONE accolta con rabbia dalla Cina, che vede il coinvolgimento di Washington nella regione come una «intrusione», ma che pare non aver entusiasmato nemmeno l’amministrazione Biden. Complice lo scenario di un possibile ritorno alla presidenza degli Stati uniti di un Donald Trump scettico sulle alleanze strategiche, nelle ultime settimane sembrava si potesse abbassare la temperatura.
A luglio, le due parti avevano anche annunciato un parziale accordo sulla secca di Second Thomas, secondo cui Manila avrebbe sostanzialmente chiesto il permesso di operare le missioni di rifornimento alla Sierra Madre per evitare reazioni.
LA COLLISIONE DI IERI rischia di cancellare i timidi passi avanti. A fine giugno sono peraltro entrate in vigore norme che rendono più facile l’utilizzo di forza letale alla guardia costiera cinese, con Manila che ha risposto rafforzando gli impegni con gli Stati uniti, che nelle scorse settimane hanno promesso mezzo miliardo di dollari in aiuti militari.
Il mar cinese meridionale è un tratto di oceano pacifico fondamentale per il commercio mondiale. E Pechino è interessata alle sue immense riserve di petrolio e di gas. Le sue manovre si sono fatte più assertive in risposta al cambio di rotta delle Filippine, che dopo la guerra in Ucraina e con l’arrivo di Marcos hanno abbandonato la linea filo cinese del precedente leader Rodrigo Duterte, rilanciando l’alleanza militare con l’ex potenza coloniale americana.
NEL BREVE PERIODO, diversi analisti asiatici vedono l’area potenzialmente più pericolosa anche dello Stretto di Taiwan, vista l’assenza di regole d’ingaggio e per l’alleanza formale che lega Washington a Manila e che, in casi estremi, potrebbe prefigurare il rischio di un confronto diretto tra le due potenze.
La scommessa della Cina è che non solo ciò non avvenga, ma che in vista delle elezioni per la Casa bianca guadagnare posizioni sul terreno possa portare vantaggi prima di un eventuale negoziato. Con Marcos, o con chi verrà dopo di lui.
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