Partito da Camaiore, il gruppo arriva a Tortona dopo la tappa più lunga del Giro, 218 chilometri. Arrivo studiato per festeggiare i campionissimi nella loro terra d’origine: Girardengo era nato a Novi Ligure, Coppi a Castellania.

Qui la pianura padana è già finita, le montagne non sono ancora cominciate, e a seconda di come tira il vento arriva anche l’odore del mare, un ibrido geografico che forse spiega qualcosa dello strapotere dei suoi figli prediletti su tutti i tipi di percorso. Un fazzoletto di terra magico per il ciclismo. Tanto più che sempre a Novi officiava i riti di preparazione l’orbo Cavanna, il gigantesco massaggiatore (l’omon, altro suo soprannome) che dei due idoli curò i muscoli e, spesso, l’anima.

Con consigli che farebbero inorridire i dietologi e tutta la torma di alchimisti che oggi volteggia attorno ai corridori, ma per chi gareggiava per vendicare la fame propria e quella atavica la bistecca era allo stesso tempo carburante e incentivo, e simbolo quanto mai gradito di averla sfangata una volta per tutte.

A casa di Coppi e Girardengo il vecchio Giro cercava un po’ di pace, un porto sicuro dove leccarsi le ferite, dopo le polemiche di questi giorni attorno a Evenepoel e al suo ritiro. Un ritiro che qualcuno tra la gente al seguito ha definito, piuttosto, una fuga, concetto non gradito al suo manager, Lefevère, a sua volta deciso a difendere la scelta di tutela della salute del ciclista (sacrosanto) e ad accusare il Giro di scarsa riconoscenza, ché anzi il suo assistito andrebbe ringraziato per l’onore reso alla corsa rosa con la sua presenza.

E forse è proprio qui il problema, che in assenza di campioni italiani la corsa si trova costretta tutti gli anni a doversi aggrappare, per nobilitarsi, alla presenza di qualche nome di richiamo, tra quelli troppo o non più giovani per primeggiare in Francia. O ci s’inventa qualcosa (tipo far correre il Giro alle squadre nazionali), oppure si aspetta che la natura e il caso ci facciano capitare all’improvviso altri Coppi e altri Girardengo.

Di pace ce n’è però poca, perché oltre al solito covid che ogni giorno assottiglia il plotone, ci sono anche le cadute, e giù dall’Appennino ci rimette Geoghegan Hart, qui nei panni del gregario ma pur sempre secondo nella generale. I velocisti sembrano a questo Giro di una tempra più robusta, i più quotati alla vigilia ci sono sempre tutti e l’arrivo di Tortona è di quelli prenotati. Così la fuga di Champion, Sevilla, Magli, Konychev, Stojinc e Rex (l’ultimo ad arrendersi) questa volta la si tiene a tiro.

Nel rettilineo finale si presentano tutti gli sprinter in grande spolvero, e tra Pedersen che parte troppo avanti e Milan che parte troppi indietro è Ackermann a scegliere il tempo giusto per trionfare a braccia alzate sul traguardo.