Accumoli, il campanile killer restaurato dalla curia
L'inchiesta Il campanile killer restaurato dalla curia. Ventotto gli interventi appaltati negli anni. Un unico geometra si è occupato di tutti i cantieri della diocesi
L'inchiesta Il campanile killer restaurato dalla curia. Ventotto gli interventi appaltati negli anni. Un unico geometra si è occupato di tutti i cantieri della diocesi
Quando nella notte del terremoto è venuto giù pure il campanile di Accumoli ha ucciso l’intera famiglia Tuccio: padre, madre e due figli.
«Non uccide il terremoto, uccide l’’uomo», aveva detto il vescovo Domenico Pompili durante i funerali delle vittime laziali del terremoto. A volte viene da chidersi di chi stesse parlando.
Il campanile di Accumoli era stato restaurato, insieme ad altri edifici religiosi della provincia di Rieti, grazie ai fondi intercettati dalla diocesi dopo il terremoto del 1997. La Curia aveva deciso anche di mettere in piedi un ufficio tecnico ad hoc, proprio per sbrigare tutte le pratiche e puntellare le varie chiese più o meno danneggiate nel cuore di una zona sismica nota: i lavori appaltati, negli anni, sono stati ventotto. L’uomo che si è occupato di tutti è sempre lo stesso, Mario Buzzi, geometra ormai in pensione, titolare della «Fe.Ma. Costruzione e rilievi». Lui era il rup (responsabile unico del provvedimento) di ogni cantiere aperto per conto della diocesi, e in alcuni casi era anche il geometra incaricato del progetto, spesso affiancato dai figli Matteo e Federica, entrambi ingegneri.
Il campanile crollato era stato restaurato in seguito a un appalto assegnato nel 2008 alla ditta Steta di Stefano Cricchi, che ha svolto diversi lavori anche ad Amatrice: 116mila euro in totale per sistemare l’intero complesso parrocchiale di Accumoli, aggiudicati con un ribasso del 16%. Nel progetto, però, per il miglioramento sismico erano stati stanziati appena 509 euro: 33 euro di ferro nella muratura («praticamente una sola sbarra», dice Cricchi) e una serie di buchi da riempire con la calce. I lavori durarono dal 22 maggio all’11 novembre, tra scarsissimi fondi a disposizione e una pila di prescrizioni della Sovrintendenza che non autorizza mai (qui come altrove) lavori troppo invasivi su beni ritenuti di un qualche interesse storico o artistico.
L’opera fu dunque di miglioramento, non di adeguamento: il distinguo che accompagna ogni dicussione sui lavori fatti tra le province di Ascoli e Rieti negli edifici poi abbattuti dal terremoto del 24 agosto. Infatti, per ora, mentre le inchieste vanno avanti a ritmo lento – senza indagati ma con una gran mole di documenti raccolti -, il regolamento di conti tra gli enti locali e le ditte incaricate di eseguire i vari lavori va in scena sulle cronache. I sindaci dicono che per chiarire la faccenda bisogna parlare con i costruttori, i costruttori rispondo che loro hanno sempre e solo eseguito alla lettera i piani partoriti dagli uffici tecnici dei comuni. Nessuno si sbottona troppo, tutti cercano le parole migliori per allontanarsi dai guai già in vista, gli avvocati lavorano sulla produzione di lunghe memorie, c’è chi presenta esposti, chi nega ogni coinvolgimento. Il fatto è che tutti si stanno preparando al momento in cui verranno ascoltati dagli investigatori e al momento successivo, quando arriveranno i primi indagati e si capirà dove vogliono andare a parare le procure, se cioè ritengono che il disastro colposo sia da addebitare alle istituzioni o alle imprese incaricate. Per ora si raccolgono carte a tutto campo, si studiano i bandi delle varie gare, le relazioni esecutive, le certificazioni, le foto che mostrano com’erano gli edifici prima di sgretolarsi.
Al momento, il pool guidato da Giuseppe Saieva a Rieti si sta concentrando su un mazzo da dodici imprese e cinquantasei professionisti. Il filone è doppio: uno riguarda gli appalti, le trattative e le eventuali omissioni per i lavori pubblici, l’altro è concentrato su chi avrebbe ricevuto contributi ma non li avrebbe spesi seguendo le prescrizioni dei progetti. Il totale è soltanto una stima: dal 1997 a oggi sulla provincia di Rieti sono piovuti fondi tra i 60 e i 90 milioni di euro, in varie tranche, divisi per una serie lunghissima di interventi pubblici e privati, nel tentativo evidente da parte dei sindaci di accontentare ogni richiesta.
Su eventuali conflitti d’interesse stanno lavorando il Ros e la guardia di finanza per conto dell’Anac di Raffaele Cantone: si incrociano date e nomi, partite Iva e bonifici bancari in una specie di pesca a strascico alla ricerca di personaggi ricorrenti e relazioni pericolose. Le indagini sono sempre all’inizio, dicono in procura, il lavoro è ancora estremamente lungo, le carte da esaminare migliaia. Ogni giorno che passa, però, il cerchio è sempre più stretto.
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