Abuso di potere e menzogne, Bolsonaro ora è «ineleggibile»
Brasile «Pericoloso flirt con il golpismo». Il Tribunale superiore elettorale ha deciso: 8 anni di interdizione per l'ex presidente. In gioco ora c'è il carisma di cui ancora gode presso un’ampia fascia della popolazione
Brasile «Pericoloso flirt con il golpismo». Il Tribunale superiore elettorale ha deciso: 8 anni di interdizione per l'ex presidente. In gioco ora c'è il carisma di cui ancora gode presso un’ampia fascia della popolazione
Il voto decisivo, quello del 4 a 1, è stato espresso dalla vicepresidente del Tribunale superiore elettorale (Tse) Cármen Lúcia all’inizio della sessione giudiziaria di ieri, nell’ultimo giorno prima della pausa estiva. Con il pronunciamento della giudice, per Bolsonaro è scattata la condanna all’interdizione dalle cariche pubbliche per otto anni – cioè fino alle elezioni del 2030 – per abuso di potere e uso indebito dei mezzi di comunicazione. E in quel momento, dal pubblico che, alla presenza di Lula, seguiva la cerimonia di consegna di 446 case nel quadro del programma Minha Casa, Minha Vida, nel Rio Grande do Sul, si è alzato un coro festoso: «Ineleggibile! Ineleggibile!».
«Almeno otto anni senza il miliziano nelle urne», ha esultato, tra molti altri, il leader del Psol Guilherme Boulos. E si tratta quasi di un’eternità: se infatti, quando potrà ricandidarsi alla presidenza, Bolsonaro avrà in fondo “solo” 75 anni, due anni in meno di quelli che aveva Lula all’inizio del suo terzo mandato, è tutto da vedere se riuscirà a conservare per così tanto tempo il suo capitale politico.
IL PRIMO VOTO CONTRO l’ex presidente – incriminato in seguito alla sua riunione con gli ambasciatori del 18 luglio del 2022, durante la quale aveva sparato a zero contro il sistema elettorale – era arrivato martedì dal relatore del processo, Benedito Gonçalves, secondo cui Bolsonaro avrebbe diffuso «menzogne atroci», rivolto minacce neanche troppo velate e utilizzato le forze armate come strumento per gettare fango sul Tse.
Un comportamento, il suo, definito da Gonçalves come un «pericoloso flirt con il golpismo», come avrebbe confermato anche il ritrovamento, nel corso di una perquisizione in casa di Anderson Torres, il suo ministro della Giustizia, di un piano per ribaltare il risultato delle elezioni presidenziali: una bozza di decreto il cui obiettivo era portare Bolsonaro ad assumere il controllo del Tse in maniera da potersi autodichiarare vincitore.
A seguire il voto del relatore sono stati, oltre a Cármen Lúcia, Floriano de Azevedo Marques e André Ramos Tavares, i quali si erano pronunciati già giovedì, e il presidente Alexandre de Moraes, che si è espresso per ultimo. Mentre, a favore di Bolsonaro, hanno votato, come previsto, Raul Araújo e Kassio Nunes Marques, il primo facendo leva sul diritto alla libertà di espressione, il secondo non ritenendo sufficientemente grave la condotta dell’ex presidente. Nessuno dei due, tuttavia, ha accolto la pressante richiesta dei bolsonaristi: quella di “pedir vista”, cioè di chiedere altro tempo prima di esprimere il loro voto, così da allungare il processo di altri 90 giorni.
MALGRADO TALE INCIAMPO, però, la strategia del Partido liberal, la forza politica che sostiene l’ex presidente, sarà la stessa già seguita dalla difesa di Lula all’epoca della sua farsa giudiziaria: rimandare il più possibile, un ricorso dopo l’altro, la condanna definitiva per continuare così a sfruttare il carisma di cui Bolsonaro ancora gode presso una non insignificante fascia della popolazione, soprattutto in vista delle municipali del 2024.
Quanto a lui, dopo aver auspicato invano che Dio toccasse il cuore di Alexandre de Moraes, si è già calato alla perfezione nei panni del perseguitato politico: «Qui in Minas avevo ricevuto una coltellata in pancia e oggi mi hanno dato una coltellata alla schiena per presunto abuso di potere», ha dichiarato da Belo Horizonte, dopo aver definito una «vergogna» l’uso, come prova della sua colpevolezza, del piano golpista ritrovato in casa di Anderson Torres.
A RISPONDERGLI indirettamente, però, è stato il ministro Floriano de Azevedo Marques, secondo cui la riunione con gli ambasciatori è bastata e avanzata a giustificare la sua ineleggibilità: se, ha spiegato, il deputato del Paraná Fernando Francischini è stato rimosso per aver diffuso le stesse menzogne pronunciate dall’ex presidente, come avrebbe potuto il Tse decidere in maniera diversa?
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento