Le «vere» elezioni russe si stanno forse svolgendo lontano dalle urne. Se l’arena politica del paese è stata resa definitivamente un vuoto rituale, al punto che gli unici due candidati che hanno espresso contrarietà alla guerra in Ucraina (Ekaterina Duntsova e Boris Nadezhdin) sono stati «bloccati» ancor prima di riuscire a entrare nella competizione, l’opposizione a Putin si esprime in altri modi e cerca di mobilitarsi al di fuori del processo di voto: appelli dalle carceri, manifestazioni presso consolati e ambasciate all’estero, iniziative affinché si annullino le schede e si invalidi il tutto.

«Non saranno solo l’assenza di candidati all’opposizione, la censura dei mezzi di informazione e le repressioni di massa a rendere illegittime le prossime elezioni in Russia», ha scritto Vladimir Kara-Murza, politico condannato a 25 anni di carcere lo scorso aprile, in una lunga lettera pubblicata dal Washington Post in cui invita la comunità internazionale a non riconoscere i risultati. «Talvolta l’arma più forte per opporsi al Cremlino è semplicemente ammettere la verità: Putin non è un presidente eletto legalmente. Putin non ha alcun diritto a partecipare a queste elezioni».

UNA SEMPLICE VERITÀ che la Piattaforma delle iniziative contro la guerra intende urlare nelle piazze europee e di tutto il mondo (la Piattaforma è un’unione di circa 80 gruppi di opposizione della diaspora russa, fra cui la Resistenza femminista contro la guerra e la Comunità dei russi liberi, che da poco ha anche pubblicato un dettagliato manifesto per un accordo di «pace giusta» con l’Ucraina).

Diverse le iniziative: nella giornata di oggi ci saranno celebrazioni di Alexei Navalny, oppositore morto in carcere, così come ritrovi di sostegno ai prigionieri politici (a Tblisi, Georgia, un laboratorio per mettersi in contatto e indirizzare lettere ai detenuti); ma, soprattutto, è per domani alle 12 che tanti si sono dati appuntamento ai consolati della Federazione per una serie di presidi chiamata «mezzogiorno contro Putin», che dovrebbe aver luogo in una decina di paesi tra cui l’Italia (a Milano). «Al momento, questo è l’unico modo legale che abbiamo per far sentire le nostre ragioni», si legge nel comunicato.

Pure alcuni esponenti della sinistra socialista puntano tutto sul «mezzogiorno di fuoco» di domenica. Tramite l’iniziativa Spravedlivi Mir («per una pace e un mondo giusti»), lanciata fra gli altri dall’ex candidato e sindacalista indipendente russo Mikhail Lobanov e sostenuta dal Movimento socialista russo, è stato infatti diffuso un appello che invita i cittadini del paese a coordinarsi e protestare in due modalità: riunendosi in massa alle 12 di domani ai seggi nelle diverse città della Federazione e invalidando le schede (si chiede in pratica di sbarrare tutte le caselle e di scrivere il nome dell’iniziativa, affinché vengano di fatto conteggiate le preferenze per una sorta di candidato d’opposizione fittizio).

NELL’APPELLO si delinea inoltre un programma per la «Russia senza Putin»: nessuna annessione, giustizia sul lavoro e lotta alla corruzione attraverso controllo dei capitali e tassazione delle grandi aziende.

Un orientamento simile è espresso anche da voci legate alle minoranze etniche, come Asians of Russia che sui suoi canali propone di non disertare le urne ma contestare guerra e ingiustizie con l’annullamento della scheda. Il risultato delle elezioni è scontato, ma non l’esito delle azioni e mobilitazioni di dissenso – soprattutto nei territori occupati, dove gruppi partigiani ucraini chiamano al boicottaggio.