A immagine di Xi: lo Stato ai fedelissimi, al partito nuovi poteri
Asia L’Assemblea del Popolo sancisce il terzo mandato da presidente. Dalla Conferenza consultiva esclusi i leader dei colossi digitali, messaggio chiaro ai privati: Pechino verso l’accentramento della gestione di economia, sicurezza e tech
Asia L’Assemblea del Popolo sancisce il terzo mandato da presidente. Dalla Conferenza consultiva esclusi i leader dei colossi digitali, messaggio chiaro ai privati: Pechino verso l’accentramento della gestione di economia, sicurezza e tech
Il riscaldamento è finito. Dopo le grandi manovre del XX Congresso del Partito comunista dello scorso ottobre, la nuova squadra a immagine e somiglianza di Xi Jinping è pronta a scendere in campo. Prima serve l’investitura ufficiale in arrivo dalle «due sessioni» (lianghui), l’annuale appuntamento legislativo della politica cinese.
LA GRANDE SALA del popolo di piazza Tiananmen torna a gremirsi dei quasi tremila delegati dell’Assemblea nazionale del popolo (Anp) provenienti da tutta la Cina: tra questi anche 442 rappresentanti delle 55 minoranze etniche, 497 lavoratori e agricoltori, 790 donne.
La loro nomina viene descritta dai media di stato come «la più grande elezione democratica al mondo», anche se di fatto il consesso si limita per lo più a ratificare le decisioni prese dal Consiglio di stato e dal Partito.
Quest’anno l’appuntamento, anticipato ieri dalla prima riunione della Conferenza consultiva del popolo cinese (Cpcpc) e in calendario fino al 13 marzo, arriva in una contingenza a dir poco delicata tra guerra in Ucraina e innalzamento delle tensioni tra Cina e Stati uniti.
Oltre all’approvazione di leggi e riforme, stavolta sono in programma tutte le nomine dell’apparato governativo e statale. Le scelte partitiche del Congresso fanno da bussola: Xi riceverà il terzo mandato da presidente della Repubblica dopo aver già iniziato quello da segretario generale, Li Qiang (suo ex capo di gabinetto nello Zhejiang e capo del Partito di Shanghai) sarà premier.
Il predecessore Li Keqiang, che presenta oggi il suo ultimo rapporto di lavoro, è apparso in alcuni video (spesso censurati) mentre afferma che le riforme economiche devono ancora essere «promosse in modo completo». Chissà se ci proverà Li Qiang, accreditato da indiscrezioni Reuters di aver convinto Xi a smantellare le restrizioni anti Covid.
Wang Huning (ideologo del sogno cinese) e Zhao Leji guideranno Cpcpc e Anp. Han Zheng, l’unico fuoriuscito dal Comitato permanente a essere rimasto nella Npc, dovrebbe diventare vicepresidente. Premio di consolazione per Hu Chunhua: il grande sconfitto del Congresso e allievo di Hu Jintao sarà uno degli 11 presidenti esecutivi Cpcpc.
LE ALTRE CASELLE da riempire si incrociano con la riforma più attesa, che dovrebbe parzialmente cambiare l’organizzazione del partito-stato. Dopo il II Plenum della scorsa settimana, un po’ tutti prevedono la creazione di nuovi organismi che accentreranno gestione e supervisione di alcuni settori strategici: economia, tecnologia e pubblica sicurezza.
Nella versione più soft, ci si aspetta la creazione di una nuova commissione centrale per la tecnologia, responsabile del coordinamento delle politiche utili al perseguimento del mantra dell’autosufficienza tecnologica e dello sviluppo militare-spaziale. Al suo vertice, secondo Asia Society, potrebbe andarci Ding Xuexiang.
In molti si aspettano anche il ritorno della commissione centrale per il lavoro finanziario, abolita nel 2003, che potrebbe essere destinata a He Lifeng (probabile vicepremier). Ciò aprirebbe a una maggiore presenza del Partito nell’economia e nella finanza.
Un altro segnale che per i grandi privati non tornerà l’era della briglia sciolta è l’esclusione dalla Cpcpc (che riunisce grandi personalità della società cinese) dei leader dei colossi digitali, a partire dal boss di Tencent Pony Ma. La versione più hard della riforma include la creazione di una commissione per la sicurezza nazionale: le competenze di diversi organi confluirebbero in un’unica entità che potrebbe essere affidata a Wang Xiaohong, attuale ministro della Pubblica sicurezza.
A PROPOSITO di economia: gli incoraggianti dati sull’indice manifatturiero potrebbero spingere a un obiettivo più ottimistico di crescita del pil, che dovrebbe essere fissato tra il 5 e il 6%. Ma c’è più fiducia di qualche tempo fa: «Quella cinese sarà l’unica grande economia ad avere una crescita rapida nel 2023», scriveva ieri il tabloid nazionalista Global Times.
Meno fiducia sui rapporti con gli Stati uniti. Nella conferenza stampa di apertura delle «due sessioni», il portavoce Wang Chao ha difeso la legge anti-sanzioni approvata nel 2022 e ha denunciato la «politica da braccio lungo» di Washington. Sostenendo allo stesso tempo che i rapporti con l’Europa sono in crescita.
In arrivo una legge sulle relazioni internazionali, che aggiungerà «contromisure legali» all’arsenale normativo di Pechino. Ulteriore messaggio agli Usa la probabile nomina del generale Li Shangfu a consigliere di stato e ministro della Difesa. Li, ingegnere aerospaziale, è sotto sanzioni americane dal 2018 per l’acquisto di caccia e sistemi di difesa aerea russi.
ATTESA PER L’ANNUNCIO del budget militare, aumentato in modo regolare negli ultimi anni. Ci si aspetta una crescita più decisa per il 2023: guerra in Ucraina, delegazioni più armi statunitensi a Taiwan e nuova strategia di difesa del Giappone sono ritenute «complesse sfide di sicurezza» che giustificano un aumento delle spese.
Previsti sviluppi su Hong Kong e l’internazionalizzazione della Greater Bay Area, mentre su Taiwan potrebbero vedersi i prodromi di una nuova cornice normativo-teorica per la «riunificazione».
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