Senza anticipo di cassa integrazione da due mesi, e senza risposte dal ministero ora guidato da Adolfo Urso sulla richiesta di un incontro per superare uno stallo esiziale per la riconversione industriale, gli operai ex Gkn non si sono persi d’animo e hanno ideato una iniziativa senza precedenti: dieci giorni di consultazione popolare nelle case del popolo e nei circoli Arci, nelle librerie, nei cinema d’essai e anche in gazebo nelle piazze dell’area fiorentina e pratese. Per chiedere a quella comunità che li ha sempre sostenuti di andare avanti, o meno, sul progetto di una fabbrica pubblica, riconvertita su produzioni legate alla mobilità sostenibile, o in alternativa alle energie rinnovabili.
Il referendum, in pieno svolgimento, durerà fino all’11 dicembre, e sta vedendo una partecipazione più che lusinghiera nei circa 150 seggi allestiti da centinaia di volontari (elenco completo su https://insorgiamo.org/). Non manca il sostegno del consiglio comunale fiorentino, che ha votato compatto uno specifico ordine del giorno presentato da Sinistra Progetto Comune: “Si tratta di una risposta concreta alla crisi dell’automotive – osserva il consigliere Dmitrij Palagi – soprattutto guardando al ruolo del pubblico, che dovrebbe intervenire più direttamente tanto sul piano della programmazione, quanto prendendo in considerazione la possibilità di un’azione diretta”.
Per sgombrare il campo dalle lamentele di Francesco Borgomeo, ex advisor oggi proprietario dello stabilimento (per un euro), su una presunta mancanza di agibilità che gli impedirebbe una riconversione peraltro mai delineata al ministero, ieri pomeriggio la commissione lavoro di Palazzo Vecchio è andata in fabbrica per un incontro con la Rsu: “Sappiamo benissimo che non basterà la nostra visita a riattivare il sito produttivo – ha spiegato al termine la presidente della commissione Laura Sparavigna – ma è comunque importante tenere alta l’attenzione, e continuare a ribadire il valore del lavoro da riportare in quella fabbrica, sia per chi è occupato che per tutelare il territorio”.
Da parte sua il Collettivo di Fabbrica tiene il punto: “Ci hanno chiamato la fabbrica di Firenze. Prendiamoli in parola. L’attuale proprietà ha un progetto industriale insufficiente o inconsistente, forse addirittura inesistente. La fabbrica è ferma, brucia liquidità, noi siamo senza stipendio. La stessa proprietà ammette che senza fondi pubblici non si riparte, e ha chiesto 35 milioni. Ma in Gkn l’alternativa non è tra intervento pubblico e privato, ma tra intervento pubblico a coprire i costi del privato, o intervento pubblico con pubblica utilità e controllo pubblico. A partire dalla messa a disposizione dello stabilimento alle proposte che verranno da soggetti pubblici, privati e dall’associazionismo operaio”.
Se non ci saranno svolte, i 320 operai rimasti potrebbero mettere in mora l’azienda: finora sono stati in 290 a firmare la lettera di avviso alla proprietà. Ma il loro primo obiettivo resta la reindustrializzazione. E mentre la Fiom chiede di sblocccare l’ammortizzatore sociale, la Rsu avverte: “Lottiamo e continuiamo a lottare perché la cassa integrazione non diventi una forma di sussidio di disoccupazione e sia uno strumento di ripartenza. Non la nostra morte sociale”.