Le clamorose balle sul clima spacciate dai petrolieri denunciate in mondovisione dal segretario generale Onu, e il sensazionale mea culpa scandito alla vigilia del summit dal leader dei Verdi tedeschi, pronto a chiedere scusa all’intera Europa per essere stata trascinata nell’iper-dipendenza dal gas russo dalla “vecchia” Germania di Angela Merkel. Mentre il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, in videocollegamento chiede per l’ennesima volta di «fare presto» a inviare a Kiev le armi pesanti chieste dai suoi generali, e Greta Thunberg (reduce del secondo arresto da parte della polizia al presidio della miniera di Lützerath) si prepara all’atteso faccia a faccia con Fatih Birol, direttore dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Eia), a cui ribadirà la follia di continuare a inseguire lo sviluppo basato sui combustibili fossili.

TUTTO SULLO SFONDO del più o meno imminente scontro commerciale fra Europa e Stati Uniti, innescato dall’”Inflation Reduction Act” varato dall’amministrazione Biden per supportare l’economia americana. In teoria rappresenta un pericolo mortale per il made in Europe, nonostante ieri la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, si spolmonasse a ribadire che il nuovo “Green-Deal” predisposto da Bruxelles non sarà la risposta alla pur «preoccupante iniziativa degli Usa» ma la reazione alla Cina che «sovvenziona pesantemente l’industria nazionale limitando l’accesso al suo mercato alle nostre aziende». Fra queste pieghe ieri si è iniziato a “stirare” il nuovo quadro del “World Economic Forum” di Davos da fraccare con la massima forza dentro la cornice che non tiene più l’immagine di concordia dei potenti della terra.

LO DIMOSTRANO le eccezionali parole di Antonio Guterres. Il numero uno dell’Onu ha smascherato pubblicamente il colossale imbroglio dei petrolieri certificato dall’ultimo studio sulla compagnia Exxon-Mobil: «Hanno spacciato per anni la grande menzogna sul riscaldamento globale nonostante fin negli anni ’70 fossero del tutto consapevoli che il loro prodotto avrebbe bruciato il pianeta. Come per l’industria del tabacco hanno ignorato la scienza, e per questo devono essere perseguiti». Ma fa ancora più rumore il suo allarme sulla «tempesta perfetta» che rischia di far precipitare il mondo al punto di non ritorno: «Stiamo flirtando con il disastro climatico e le conseguenze saranno devastanti in diverse parti del pianeta, che diventeranno inabitabili. Per molti sarà una condanna a morte. Il nostro modello di business deve essere ridisegnato».

A PROPOSITO DI CONDANNE, prima del vertice arriva puntuale quella di Robert Habeck, ministro dell’Economia del governo Scholz e leader dei Verdi, secondo cui «l’Europa ha pagato il prezzo della dipendenza della Germania dal gas russo». Colpa di Merkel, dunque (anche se il suo vice all’epoca era Olaf Scholz e il Nordstream 2 era politicamente “targato” Spd), mentre l’attuale cancelliere promette che la Repubblica federale sarà climaticamente neutra entro il 2045: «La svolta energetica sta assumendo una dinamica nuova. L’invasione dell’ Ucraina ci ha costretti a impegnarci più rapidamente a favore delle rinnovabili. Non “nonostante” la guerra ma “a causa” della guerra e la conseguente pressione su noi europei» ha tenuto a precisare Scholz.

OGGI INVECE A DAVOS i riflettori saranno accesi sull’incontro fra gli attivisti di “Cease and Desist” e il direttore dell’Eia. Intorno al tavolo di Birol, Greta Thunberg, la leader tedesca del “Fridays For Future”, Luisa Neubauer, Helena Gualinga e Vanessa Nakate. La richiesta degli ambientalisti è nota: «Fermare immediatamente tutte le nuove estrazioni di petrolio, gas, carbone, smettendo di boicottare la transizione verso l’energia pulita, mai così necessaria. Questione di priorità a Davos.

A RIGUARDO, a sentire Zelensky, l’urgenza è una sola: «Serve un approccio veloce nelle decisioni per aiutare l’Ucraina. Non siamo stati noi a iniziare la guerra, ma siamo noi a doverla concludere». Fa il paio con la copertura politico-militare assicurata dal segretario della Nato, Jens Stoltenberg: «La nostra posizione non è cambiata. L’Ucraina diventerà un membro dell’Alleanza atlantica» è il punto fermo dell’altra unione con sede a Bruxelles.