A inizio d’anno pareva dovessero scontrarsi alle primarie nello stesso campo, quello del centrosinistra. Il primo implorava il segretario nazionale Letta di candidarlo a sindaco, il secondo era forte dell’appoggio dei maggiorenti del Pd provinciale e dell’accordo con Francesco Boccia, responsabile enti locali. Le primarie alla fine son saltate e sei mesi dopo i due si affronteranno al ballottaggio. Solo che nel mentre è passata tanta acqua nel mare magnum della politica catanzarese. Valerio Donato, ricevuto dal Nazareno un secco diniego alla nomination, è passato armi e bagagli al centrodestra (o parte di esso).

Mentre Nicola Fiorita, alla guida di una mezza dozzina di liste (tra cui Pd e 5 stelle), si è presentato al primo turno con un obiettivo preciso: agguantare il ballottaggio, sfuggitogli 5 anni fa per un pugno di voti. E’ una bizzarra sfida elettorale, questa di Catanzaro. Nella città più a destra di Calabria, la destra fagocita personaggi del campo avverso. E non si mostra in piazza per non urtare la suscettibilità del candidato. E così può accadere che sul palco dei comizi non siano apparsi né Tajani, né Salvini e neanche Occhiuto, il presidente di regione. La Calabria si conferma terra di alchimie elettorali e laboratorio di scenari impensabili altrove.

A Crotone, 60 km a nord, solo all’ultimo miglio è sfumato un accordo monstre per una giunta Forza Italia-Lega-grillini. A Catanzaro invece un ex dirigente dem, Donato, arriva in testa al primo turno con il 44% dopo aver raggruppato berlusconiani, leghisti, renziani e dissidenti/scontenti dem. Fiorita ottiene il 31%, fa meglio di 10 punti sullo score del 2017, ma si teme possa aver già fatto il pieno. Perché a queste latitudini l’altro dato politico è stato la polverizzazione della destra.

Che si è presentata divisa ieri, ma che potrebbe ricompattarsi domani. Delude Wanda Ferro, sotto il 10%. E’ la plenipotenziaria di FdI in Calabria e vicepresidente dei deputati. Meloni aveva imposto la sua corsa solitaria per far un dispetto agli alleati. Dalla sua aveva i sindaci degli ultimi 30 anni. Sergio Abramo (ex FI) e Michele Traversa (già An e Msi) stavano con lei. Ma tutto questo non le è bastato.

Lo score è al di sotto del previsto. Vedremo se e come verrà siglato l’apparentamento. Quando nel 2014 si candidò a presidente di regione a capo della coalizione (sconfitta da Mario Oliverio), Ferro condusse una lunga battaglia giudiziaria per farsi assegnare il seggio da consigliera. Ad assisterla davanti alla magistratura amministrativa c’era l’avvocato Donato. Che prima di imbarcarsi nella sua attuale avventura politica aveva chiesto lumi proprio alla sua cliente, l’esperta Wanda.

A far da ago della bilancia ora ci sono i centristi. Antonello Talerico ottiene un buon 13% a capo di 5 liste tra cui Noi con l’Italia, il suo partito. La sua è una storia uguale e contraria a quella di Donato. Entrambi avvocati ed entrambi mal voluti dal proprio schieramento. Talerico, candidato alle regionali con FI, è consigliere sub judice. Primo dei non eletti, si contende il posto con una consigliera giudicata ineleggibile (ma il giudizio è in via di definizione).

Forte della marea di preferenze ottenute alle regionali, Talerico avrebbe voluto così che Forza Italia lo sostenesse nella sua corsa a Palazzo de’ Nobili. Il cui voltafaccia in favore dell’«operazione Donato» non lo ha fatto desistere. Anzi. Talerico ha lasciato gli azzurri e ha organizzato una coalizione centrista che non è affatto detto che torni a Canossa a favore di Donato. Fiorita continua a sostenere che «la partita è aperta» e non dà per scontata la riunificazione della destra.

Ma poco o niente potrà pescare alla sua sinistra stante l’insuccesso di Insieme Osiamo, riconducibile a Pap e Prc, che candidavano Francesco Di Lieto (1,5%). Il risultato delle liste ci dice che la formazione di Fiorita, Cambiavento, è la prima in città (8,5%), che il Pd (5%) tocca il punto più basso della sua storia, che FI (8%) è sempre il partito trainante della destra. E che il derby Meloni- Salvini anche a Catanzaro lo leader di FdI.