A Bruxelles per discutere di odio e violenza contro le ong e chi migra
INCONTRI «113 War is a subtle Thing », un documentario di Maurizio Gibo Gibertini
INCONTRI «113 War is a subtle Thing », un documentario di Maurizio Gibo Gibertini
È sempre una buona abitudine cercare di allargare lo sguardo e analizzare le situazioni politiche e sociali in una logica ampia e se possibile confrontando diverse situazioni nazionali. È quello che lo scorso 6 febbraio si è provato a fare a Bruxelles, partendo dalla visione del bel documentario prodotto da Officine Multimediali, 113 War is a subtle Thing sul primo decreto Salvini, quello della guerra alle ong, ai migranti, ai poveri e, per non farsi mancare niente, anche ai conflitti sociali.
L’INIZIATIVA, organizzata dalla Filef nuova emigrazione, una storica associazione italiana degli emigrati, e dall’associazione belga Amitié sans frontières, vicina al Ptb, il Partito del lavoratori belgi, partendo dalla visione del documentario è stata teatro di una ricca e stimolante discussione su quanto ci possa essere di simile o di differente nella guerra ai migranti tra l’Italia, paese di «frontiera» e il piccolo Belgio, terra storicamente di approdo per grandi masse di migranti (fra i quali gli italiani).
SICURAMENTE Salvini è un’eccellenza italiana ed europea nella lunga lista degli imprenditori dell’odio contro i migranti e questo nel documentario di Officine Multimediali emerge chiaramente, specie nelle incredibili immagini di una «passeggiata» per una diretta facebook dell’allora ministro degli interni nelle strade veronesi, condita da battutacce da osteria contro i «neri fannulloni», degna anticipazione della recente citofonata al Pilastro di Bologna. Ma se Salvini lo conosciamo bene e cominciano a conoscerlo anche in Europa, meno note da noi sono le gesta di quello che fu un suo omologo, il ministro degli interni belga Theo Francken del partito di estrema destra liberista e razzista fiammingo, la Nva, autore di durissime campagne contro le ong accusate esplicitamente di essere solo «trafficanti di uomini».
Queste accuse non rimasero confinate al dibattito politico, ma vennero riprese da un procuratore che nel dicembre del 2018 accusò, in Belgio, alcuni cittadini, rei di aver ospitato nelle loro case dei migranti rifugiati nel campo all’aperto di Parque Maximilien a Bruxelles. Fortunatamente il Tribunale di Bruxelles assolse gli imputati, ma quello che fu chiamato il «processo alla solidarietà» ha contribuito anche in Belgio a inasprire il confronto sulle politiche verso i numerosi migranti che arrivano in questo piccolo paese, per fermarcisi o, sopratutto, per tentare di attraversare la Manica verso l’agognata Inghilterra. Nella discussione con Loic Fraiture, dell’associazione Amitié sans frontière, e Maurizio Gibo Gibertini, regista del documentario, si sono affrontati vari temi per confrontare le differenti situazioni nazionali.
A PROPOSITO del tema dell’inasprimento delle pene per le forme di conflitto sociale come i blocchi stradali o le occupazioni, una delle chicche del decreto Salvini spesso dimenticata, è stato sottolineato come anche in Belgio questo inasprimento sia all’ordine del giorno, con il caso eclatante della condanna del segretario della Fgtb (il più importante sindacato belga), da parte della corte d’appello di Anversa, proprio per un blocco stradale in occasione di uno sciopero nazionale nel giugno del 2016.
Alcuni interventi hanno messo in rilievo le gravissime responsabilità dell’Europa nell’alimentarsi di questa corrente di odio verso i migranti; l’assoluta mancanza di una qualsiasi forma di solidarietà europea nella gestione del dramma dei flussi migratori, spesso alimentati dall’aggressività delle politiche destabilizzanti anche di alcuni paesi europei, nelle aree calde del continente, è stata più volte ricordata. La libera circolazione è riservata alle merci e al denaro non certo agli uomini e alle donne.
INFINE, non potevano mancare le domande dei belgi agli italiani sul perché dell’assenza, se non dell’irrilevanza, della sinistra in Italia, fenomeno che continua a sorprendere i cittadini degli altri paesi europei. Forse la risposta migliore alla questione è stato semplicemente ricordare come l’orribile decreto Salvini, convertito poi in legge, sia ancora lì, vivo e vegeto, dopo ben cinque mesi di governo col Pd e con un differente ministro al Viminale.
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