L’attività politica di Navalny non termina con la morte dell’oppositore russo. «Porterò avanti io il suo lavoro», ha annunciato ieri la vedova Julija Borisovna Navalnaya, pubblicando un video sul canale Youtube del marito appena deceduto. «Putin non ha voluto uccidere solo una persona ma anche le nostre speranze, la nostra libertà e il nostro futuro. E, nello stesso modo spregevole e codardo con cui l’hanno ammazzato, ora continuano a nascondere il suo corpo, rifiutandosi di mostrarlo alla madre o di consegnarlo, mentendo in maniera patetica e aspettando che scompaiano ancora altre tracce di Novichok (sostanza con cui sarebbe stato avvelenato Navalny del 2020, ndr)».

Sono accuse estremamente dirette quelle lanciate dalla vedova e dal gruppo di collaboratori del leader dell’opposizione a Putin, che si trovava in carcere da ormai tre anni. Nel video Borisovna promette che «i nomi e le facce» delle persone che hanno ucciso il marito saranno finalmente individuati e resi pubblici. Su X la portavoce Kira Yarmish denuncia il fatto che avvocati e familiari vengono continuamente respinti dalle autorità penitenziarie e che la salma verrà trattenuta in vista di accertamenti e test chimici per 14 giorni, un periodo secondo lei troppo lungo (una «palese menzogna»).

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Di certo, in lampante contrasto con il resto del mondo e soprattutto dell’Occidente, Mosca non sembra intenzionata a dare grande risalto alla vicenda. «L’inchiesta sulla morte di Alexei Navalny è ancora in corso e per il momento non ci sono risultati», ha dichiarato laconico il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov, definendo «rozze» le accuse a livello internazionale e dicendo che le indagini non sono di competenza del governo. Anzi sulla Tass compaiono delle affermazioni dell’ufficiale russo Igor Kirillov secondo cui le forze armate ucraine avrebbero condotto dei tentativi di avvelenamento nei confronti degli esponenti dei territori occupati Vladimir Saldo e Leonid Pasechnik (episodi che sarebbero comunque avvenuti mesi fa).

Intanto proseguono le proteste. Mentre Julija Borisovna è stata accolta con tutti i crismi a Bruxelles durante una riunione dei ministri degli esteri europei (in cui ha avuto un incontro anche con il nostro Antonio Tajani), in diverse città russe qualche fiore viene ancora deposto in onore di Navalny presso monumenti pubblici – nonostante gli arresti dei giorni scorsi (389 in tutto, secondo l’associazione per i diritti umani Ovd-info). La stessa Ovd-info ha inoltre lanciato una petizione indirizzata al Comitato investigativo per chiedere la restituzione della salma dell’oppositore ai familiari, raccogliendo oltre 60mila firme.

«In generale, da quando è iniziata l’invasione, abbiamo notato una maggiore attenzione nei confronti dei detenuti politici», racconta al manifesto il portavoce dell’associazione Dmitry Anisimov. «Le persone ci chiedono come possono essere d’aiuto a livello finanziario oppure in che modo è possibile recapitare lettere a chi si trova in carcere. Ma soprattutto, il segnale che dà più speranza è la nascita di decine di gruppi e collettivi a sostegno dei prigionieri che coinvolgono non solo parenti e amici, ma diversi esponenti della società civile».

Anche le comunità russe in esilio hanno organizzato numerosi presidi e manifestazioni in varie città statunitensi ed europee, che hanno spesso visto anche la partecipazione di ucraini e bielorussi. A Milano, dopo che domenica si sono verificati dei fermi da parte della polizia nei confronti di manifestanti che omaggiavano Navalny presso i giardini dedicati alla giornalista Politovskaja, si è svolto ieri un nuovo presidio. A Roma è stato riferito il divieto di lasciare fiori e oggetti presso le sedi diplomatiche russe. In Spagna, un segnale inquietante: il pilota russo Maxim Kuzminov, che disertò lo scorso agosto dirottando un elicottero militare per le forze armate ucraine, è stato trovato morto nella provincia di Alicante con diverse ferite da arma da fuoco.