Europa

A Barking, periferia orientale di Londra, tra disoccupazione neonazisti e fondamentalismo

London Bridge Ex quartiere della classe operaia bianca, oggi cova cupi risentimenti sociali

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 8 giugno 2017

«The Jihadis Next Door», lo jihadista della porta accanto. Si chiamava così il documentario trasmesso da Channel Four lo scorso anno in cui il 27enne Khuram Shazad Butt, cittadino britannico di origine pakistana considerato il capo del gruppo di terroristi che ha seminato l’orrore sul London Bridge sabato sera, appariva intento a pregare davanti ad una bandiera dell’Isis a Regent’s Park, nel cuore di Londra.

DOPO CHE BUTT e i suoi due complici sono stati uccisi dalle forze dell’ordine, i media di tutto il mondo hanno cercato di capire cosa rappresenti questa jihad domestica, cresciuta negli ultimi anni anche in Gran Bretagna. Per farlo, cronisti e troupe televisive sono sbarcate nella zona di Barking, dove Butt viveva con la sua famiglia e dove nei giorni scorsi si sono svolte numerose perquisizioni e fermi.

IN QUESTO QUARTIERE della periferia orientale della capitale britannica, a sole cinque miglia dai grattacieli di Canary Wharf, uno dei distretti finanziari più importanti al mondo e a 20 minuti di metropolitana dal centro cittadino, si sono imbattuti in una realtà più complessa: quella di un’area popolare e multietnica dove il radicalismo politico-religioso che cerca proseliti tra la folta comunità musulmana locale si contende spesso la strada con l’estrema destra razzista che pesca i propri accoliti in quel che resta della vecchia working class bianca.

8.000 abitanti, una parte della zona, quella di Becontree, che ha ospitato fin dagli anni tra le due guerre mondiali le case popolari destinate a riallocare gli abitanti dell’East End, in fuga da alloggi insalubri e al seguito dell’evoluzione del lavoro nei docks o nelle industrie, Barking ha subito una rapida trasformazione. Ancora nel 2001, l’80% degli abitanti era identificato come «britannici bianchi»; dieci anni più tardi, quella voce era scesa al 49%, mentre crescevano le comunità pakistana, afgana, giamaicana, cinese, polacca o rumena.

A FARLA DA PADRONE OGGI è però prima di tutto la disoccupazione, tra le più altre della «Grande Londra». E la segregazione comunitaria segue, da questo punto di vista, quella sociale. Un tempo bastione della classe operaia bianca, Barking offre oggi il volto in apparenza sereno di un multiculturalismo riuscito, ma dove, sotto traccia, sembra covare un cupo risentimento pronto ad esplodere. Tradizionalmente laburista, da queste parti lo scorso anno il voto in favore della Brexit ha fatto il pieno e ora lo Ukip cerca di restare a galla puntando sulla xenofobia. Ma c’è di più.

I NEONAZISTI del British National Party negli ultimi decenni hanno più volte marciato per le strade del quartiere, prima di essere rimpiazzati dai loro omologhi della English Defence League che denunciano l’«islamizzazione della Gran Bretagna». Iil razzismo si è fatto via via più concreto: nel quartiere «i crimini dell’odio» sono quasi triplicati, passando dall’8 al 21% in un paio d’anni.

KHURAM SHAZAD BUTT viveva qui, frequentava il centro fitness Ummah, a pochi passi dalla moschea Al-Madina e tifava per l’Arsenal. La sua progressiva radicalizzazione era stata denunciata, invano, alle autorità da alcuni appartenenti alla comunità musulmana. Anche se non si tratta del primo caso. Nella stessa zona, prima di lui c’era stata la vicenda del sedicente predicatore Anjem Choudary, di cui Butt era un seguace, condannato per sostegno all’Isis. e quello del 18enne Kazi Islam, legato al movimento salafita di al Muhajiroun, che sconta una pena per un progetto di attentato. Nello spazio di pochi chilometri sono decine gli indagati legati al fondamentalismo. Ash Siddique, responsabile di Al-Madina, dove ogni venerdi si ritrovano in più di 3.000 a pregare, riassume così la situazione: «In parte abbiamo infilato la testa nella sabbia per non vedere quanti giovani musulmani fragili e bisognosi di un appoggio, stavamo abbandonando ai reclutatori del terrorismo. Non è facile vivere qui, è come abitare nel buco di una torta, tutto intorno ci sono gli estremisti razzisti e islamisti e noi cerchiamo di resistere, nel mezzo, restando tolleranti gli uni verso gli altri».

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