7,1 miliardi di corone svedesi (circa 650 milioni di euro). È questo l’ammontare del più grande pacchetto di aiuti militari all’Ucraina mai stanziato dal governo di Stoccolma perché, come sostiene il ministro della difesa Pål Jonson, «in definitiva, si tratta di umanità e decenza».

Un pacchetto che comprende 10 navi da battaglia, armi subacquee con mine e siluri, sistemi antiaerei e robot anticarro, fucili a granata con munizioni, bombe a mano e infine attrezzature mediche e ambulanze. Uno stanziamento poderoso che segue l’annuncio di martedì del governo danese di consegnare al governo ucraino «tutta la nostra artiglieria».

UNA SCELTA, quella fatta dal governo di centro destra guidato dal conservatore Ulf Kristersson, propedeutico all’ingresso nell’Alleanza atlantica che, dopo due anni, probabilmente vedrà l’atto finale lunedì prossimo con il voto del parlamento ungherese a favore dell’adesione di Stoccolma alla Nato.

L’Ungheria era rimasto l’ultimo paese dell’Alleanza a non essersi ancora espresso ma, proprio martedì scorso, una lettera dell’influente deputato di Fidesz Máté Kocsis al suo presidente Victor Orbán dichiarava l’intenzione del partito del premier ungherese di votare sì all’ingresso della Nato della Svezia lunedì prossimo quando riaprirà il parlamento.

Un gioco di sponda interno alla destra ungherese che Orbán ha subito salutato positivamente e che vedrà, su richiesta del premier svedese Kristersson, un incontro venerdì a Budapest tra i due presidenti per «discutere come rafforzare la cooperazione in materia di politica di difesa e sicurezza tra i due paesi», come dichiarato ieri dallo stesso primo ministro magiaro su X.

SE LUNEDÌ i deputati ungheresi voteranno sì, toccherà al presidente ad interim firmare il protocollo. Successivamente dovrà essere trasportato in aereo a Washington e presentato al Dipartimento di Stato americano per la rettifica finale. Quando lo scorso anno toccò alla Finlandia l’iter di adesione si concluse in tre giorni con una cerimonia ufficiale presso la sede dell’Alleanza atlantica a Bruxelles.

Per la Svezia il voto a Budapest del prossimo 26 febbraio segna la fine di una lunga trattativa che i governi di Stoccolma hanno avuto prima con la Turchia del presidente Erdogan e poi con Orbán. Trattative che non solo hanno archiviato la secolare neutralità del paese scandinavo ma anche un deciso arretramento sui diritti civili e d’asilo che la Svezia aveva concesso agli esuli politici di tutto il mondo a partire da quelli curdi e turchi nei decenni passati.

Tutto archiviato, la prossima settimana, quando la bandiera blu crociata di giallo potrà finalmente sventolare a Bruxelles insieme a quelle delle altre 31 nazioni della Nato.