L’ultima sparatoria di massa statunitense è avvenuta a Jacksonville, in Florida, alle 14 di sabato, giorno del quinto anniversario di un’altra strage avvenuta nella stessa città e giorno del 60° anniversario del discorso di Martin Luther King, «I have a dream», con migliaia di persone a Washington ad ascoltare nel 1963 quel sogno di eguaglianza razziale e diritti civili.

Mentre nella capitale il reverendo e attivista Al Sharpton ricordava i principi di Mlk, in un negozio della catena Dollar General, in un quartiere a maggioranza afroamericana di Jacksonville, vicino alla Edward Waters University, una piccola università storicamente frequentata da neri, il 21enne bianco Ryan Palmeter ha aperto il fuoco uccidendo tre persone, due uomini e una donna, perché neri.

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NON CI SONO DUBBI sul movente di odio razziale: su una delle armi era disegnata una svastica. Poco prima di sparare Palmeter aveva rilasciato dichiarazioni apertamente razziste. «Quell’uomo odiava i neri», ha detto lo sceriffo di Jacksonville in conferenza stampa.

Martin Luther King III, figlio del reverendo King, intervistato dalla Cnn a proposito della sparatoria in Florida, ha definito l’omicidio un evento che dovrebbe essere «inconcepibile» ma che invece è reale, «disumano» e «non americano».

Domenica a Jacksonville centinaia di persone si sono radunate per veglie di preghiera e in chiesa, frustrate ed esauste, per piangere ancora una volta un attacco razzista che colpisce la comunità afroamericana.

Nella chiesa di St.Paul, a circa tre chilometri dalla scena della sparatoria, alla messa della domenica il reverendo Willie Barnes si è rivolto ai fedeli dicendo: «Se qualcuno di voi è come me, allora sta lottando, sta cercando di non cedere alla rabbia».

Tra i presenti, la sindaca Donna Deegan in lacrime. In conferenza stampa, nel primo pomeriggio, poche ore dopo la messa, ha dichiarato: «Alcuni giorni sembra che stiamo davvero tornando indietro a confrontarci con problemi che pensavamo fossero problemi passati».

In molti sono dello stesso parere e in molti puntano il dito contro il governatore Gop della Florida Ron DeSantis, in corsa per la nomina repubblicana alla presidenza.

LE ARMI che Palmeter aveva con sé, un fucile semi automatico stile AR-15 e una pistola Glock, erano state acquistate legalmente nonostante gli accertati problemi di salute mentale del 21enne, grazie anche all’allentamento delle leggi sul possesso di armi voluto dal governatore.

DeSantis è un ultraconservatore combattivo che guida uno degli stati più grandi degli Usa e che, soprattutto da quando si è candidato alla nomination repubblicana, ha abbracciato posizioni di estrema destra su temi come aborto, immigrazione, diritti Lgbtq e questioni razziali, in modo più aggressivo di chiunque altro nella competizione presidenziale del 2024, cercando di posizionarsi alla destra di Trump.

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Gli insegnanti della Florida, grazie alle sue leggi, ora sono tenuti a insegnare nelle scuole medie che i neri schiavizzati «hanno sviluppato competenze che, in alcuni casi, sono stati poi applicate a loro vantaggio personale».

DA QUANDO questa legge è entrata in vigore DeSantis ha più volte difeso la nuova narrazione storica, insistendo sul fatto che i suoi critici, tra cui la vicepresidente Kamala Harris e i repubblicani neri al Congresso, stanno intenzionalmente distorcendo e male interpretando le sue intenzioni a fini politici. Non c’è da meravigliarsi che con questo curriculum, quando il governatore si è presentato a una delle veglie, è stato accolto dai fischi.

Quella di Jacksonville è parte di una lunga lista di lutti: secondo il Gun Violence Archive nel 2023 negli Usa ci sono state almeno 470 sparatorie di massa. Quasi due al giorno.