«Crisi esistenziale», non solo politica. Il rock dei Cake contro l’elezione di Trump
Elettorale americana Con un concerto gratuito in Nevada, uno degli Stati in bilico, il gruppo rock si mobilita per esortare a votare. L'intervista al cantante e leader John McCrea
Elettorale americana Con un concerto gratuito in Nevada, uno degli Stati in bilico, il gruppo rock si mobilita per esortare a votare. L'intervista al cantante e leader John McCrea
Dal 1991 i Cake suonano un genere di rock tutto loro. Il gruppo è nato come una sorta di reazione alla musica di quella decade che al cantante e leader del gruppo, John McCrea, sembrava rumorosa e vuota. I loro concerti, che non hanno mai smesso di essere seguitissimi, sono altrettanto singolari anche perché mescolano musica e messaggi politico/sociali, come la difesa dell’ambiente, la spinta ad andare a votare, e la difesa della democrazia. McCrea non fa mistero del suo attivismo, ma non ha mai appoggiato un candidato. Prima d’ora.
«Questa volta è davvero importante. Non l’ho mai fatto prima perché credo che la mia sia un’occupazione di servizio. Non siamo qualificati, per la maggior parte, a pesare politicamente, e questo è sempre stata la mia posizione, fino agli ultimi 8 anni. Con l’arrivo di Trump mi sembra più una crisi esistenziale. C’è l’ovvia necessità che tutti si facciano avanti e facciano sentire la propria voce, finché siamo in tempo. Penso che sia molto più facile parlare ora, prima che ci siano pistole metaforiche, o forse letterali, puntate alla testa. Questo è il momento di parlare, anche per i musicisti».
In Europa, in Italia non c’è questo fenomeno degli endorsement dei musicisti, degli artisti
«Ho sempre fatto “all’italiana”, in questo senso, fino ad ora. Adesso mi rendo conto che è, letteralmente, come una faccenda di vita o di morte. E il lusso di adagiarmi nella mia definizione di artista mi sembra un po’ effimero a questo punto. Quello che vedo accadere sui social media è che la destra sta preparando le persone a reagire se il loro candidato perderà. Mostrano sondaggi in cui Trump è al 95%, cose assurde. E così queste persone, che magari sono occupate con le loro vite hanno un lavoro, cose da fare, a malapena riescono a portare avanti la loro vita personale, vedono questi numeri e non hanno il tempo di fare ricerche. Così se Trump perderà, si sentiranno defraudate e vorranno solo la violenza. Vedremo se ci sarà abbastanza slancio per portare a termine il piano. Ma credo che il piano della destra sia più o meno questo».
Quando è in tour che tipo di America vede?
«Vedo tanta divisione. Ero in tournée in Texas quando c’è stato il dibattito tra Kamala Harris e Trump, e ho visto molte persone deluse, arrabbiate, e credo che il problema sia nel nostro sistema d’informazione. La cosa più terrificante per me sono i siti informativi. Molte città degli Stati Uniti erano solite avere due giornali, uno democratico e uno repubblicano, e c’era una sorta di possibilità di triangolazione a livello locale, che è in gran parte scomparsa. Ora la maggior parte della superficie degli Stati Uniti si informa con internet e sembra esserci sempre più una mancanza di verità oggettiva, e questo è un elemento che spesso precede le prese di potere autoritarie. Vedo molte persone che ricercano solo le informazioni che le fanno sentire bene. Lo vedo soprattutto a destra, ma ovviamente succede anche a sinistra, ed è preoccupante».
Secondo lei c’è anche più paura ad esprimere le proprie idee?
«Credo di sì, e fa sempre parte della divisione, e credo anche che si tratti di una campagna di pressione psicologica, in un certo senso, ed è intenzionale. Negli Usa ci sono sempre state delle aree di divisione, ma il caos attuale è alimentato dall’esterno. Ci sono molte ragioni per cui qualcuno può voler alimentare questa divisione. Penso che gli Stati Uniti abbiano fatto questo tipo di cose ai paesi dell’America Centrale, per esempio, alimentando le fratture interne. È un gioco che questa volta ci viene rivoltato contro».
La notte delle elezioni avete fatto un concerto particolare. Può spiegarmi meglio?
«Collaboriamo con un’organizzazione che si chiama “I voted”. E’ stato un concerto gratuito per le persone che possono dimostrare di aver votato. È un modo per incoraggiare le persone a votare. L’abbiamo fatto in Nevada che è uno Stato importante, potenzialmente in bilico. Quindi stiamo cercando di fare tutto il possibile. Spero che faccia la differenza».
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