Ventidue milioni di persone. Ecco il numero di italiani che vivono in zone classificate «ad elevato rischio sismico». Secondo la stima fatta dalla protezione civile (ultimo aggiornamento aprile 2021), circa il 40% del territorio nazionale è in zona sismica 1 o 2, le più elevate di una scala che arriva fino a 4. In totale si parla di un’area di 130.000 km quadrati.

Gli edifici a rischio sarebbero sei milioni, di cui uno ad uso produttivo, con cinque milioni di lavoratori in totale.

Ogni anno, in Italia, si verificano circa cento terremoti avvertiti dalla popolazione. Quasi sempre, ad ogni buon conto, si tratta di piccole scosse prive di conseguenze distruttive.

Seguendo però un’analisi storica, si legge ancora nei rapporti della protezione civile, prendendo in considerazione gli ultimi 120 anni, i terremoti che hanno causato gravi danni a persone e cose si presentano mediamente ogni cinque anni. Il punto, si ripete spesso con tono più o meno fatalista, non è mai «se» ci sarà un nuovo terremoto devastante, ma quando questo avverrà. E dove.

Per quello che riguarda la «zona tre» (rischio sismico meno elevato ma non inesistente) sono 19 i milioni di italiani che vi abitano. Per fare un esempio, era in zona tre l’area dell’Emilia Romagna colpita dal sisma del maggio 2012.

L’analisi territoriale del rischio sismico vede la Calabria in testa per pericolosità, con circa 1,2 milioni di persone in «zona 1» e 750mila in «zona 2». A seguire troviamo la Basilicata (220mila in zona 1 e 276mila in zona 2) e poi la Sicilia, con 4,5 milioni in zona 2 e 350mila in zona 1.

Leggi anche L’emergenza delle 149 emergenze

Più complesso il discorso relativo alle abitazioni: sono circa 15 milioni, in Italia, quelle costruite prima del 1974, ovvero prima dell’anno in cui sono state introdotte le prime norme antisismiche relative alle costruzioni.

Le regioni più critiche, in questo senso, sono Molise, Piemonte e Liguria, con un quarto delle abitazioni che ha oltre un secolo ed è stata quindi costruita in completa assenza di misure antisismiche.

La situazione non migliora se si guarda agli edifici costruiti fino al 2001: circa 6 milioni di questi sono in stato di conservazione definito «mediocre o pessimo».

Lo stato delle cose, in sostanza, non induce all’ottimismo: la tenuta del paese sul fronte sismico è un tema che emerge sempre e solo dopo le tragedie e poi viene puntualmente dimenticato. Gli italiani vivono sopra un terreno instabile. Letteralmente.