219 naufraghi a Pozzallo, ma in mare ne restano quasi 600 in attesa di un porto
Mediterraneo Sos Mediterranée accusa: «Siamo stati dimenticati». Nuovi soccorsi della Geo Barents di Medici senza frontiere
Mediterraneo Sos Mediterranée accusa: «Siamo stati dimenticati». Nuovi soccorsi della Geo Barents di Medici senza frontiere
Alla Sea-Eye 4 è stato assegnato il porto di Pozzallo per lo sbarco dei 219 migranti soccorsi in diversi interventi a partire dal 16 dicembre. Altre quattro persone erano già state evacuate d’urgenza per ragioni sanitarie. Dopo una settimana arriva finalmente una buona notizia per l’equipaggio dell’organizzazione tedesca.
Ancora nulla, invece, per l’altra nave umanitaria che attende indicazioni dalle autorità italiane dallo stesso numero di giorni. La Ocean Viking ha reiterato per sei volte la richiesta di un Place of Safety (Pos). Ieri ha continuato a navigare sul limite delle acque territoriali italiane davanti alle coste della Sicilia sud-occidentale. A differenza della Sea-Eye 4 non è entrata nelle 12 miglia che segnano il confine di pertinenza nazionale.
A bordo ha 114 naufraghi. Tra loro c’è un bimbo di appena 18 giorni, quasi la metà dei quali trascorsi in mare. Si chiama Makbyel, viaggia insieme alla madre e una foto diffusa da Sos Mediterranée lo ritrae in braccio a un membro dell’equipaggio mentre viene nutrito con un biberon.
Dal Viminale fanno sapere che lo sbarco sarà assegnato appena possibile, in base all’organizzazione delle quarantene. Ma l’Ong accusa: «Siamo stati dimenticati in mare nell’antivigilia di Natale». In un comunicato diffuso da Sos Mediterranée nel pomeriggio di ieri si legge: «Nonostante la massima cura prestata dalle squadre della Ocean Viking, i segni di stanchezza, esaurimento e ansia stanno aumentando tra i sopravvissuti. La loro disavventura in mare deve finire: l’interminabile incertezza che arriva dopo aver rischiato di morire deve giungere al termine».
Per la coordinatrice della ricerca e del soccorso Luisa Albera: «Imporre un periodo prolungato in mare a persone che hanno già sofferto così tanto mette ulteriormente a rischio la salute fisica e mentale dei naufraghi». Tra loro c’è un minore, chiamato dall’equipaggio Asante per proteggerne l’identità, che ha raccontato: «In Libia puoi essere ucciso solo per un telefono. La gente veniva di notte con i coltelli e li metteva sul mio corpo chiedendomi il cellulare».
Intanto alcune decine di miglia nautiche più a sud sono continuati i soccorsi della Geo Barents di Medici senza frontiere. Tra martedì e giovedì l’equipaggio ha realizzato sei interventi. Alcuni durante le ore notturne grazie all’avvistamento delle imbarcazioni in difficoltà dal ponte della nave.
Al momento a bordo ci sono 458 migranti. Tra loro 145 minori, di cui l’80% non accompagnati. «Nel gruppo salvato il 21 dicembre – racconta Msf – ci sono persone che presentano segni di violenza e ferite molto recenti. Erano partite dalla Libia e raccontano di essere state assalite e picchiate da uomini armati mentre tentavano di fuggire per mare». La nave ha iniziato a fare rotta verso nord ma è pronta a compiere altri salvataggi se dovesse trovare nuove barche in difficoltà.
Potrebbero essere arrivate autonomamente a Lampedusa, invece, due imbarcazioni per cui il centralino Alarm Phone (Ap) aveva lanciato l’Sos mercoledì. A bordo 30 e 40 persone. «Sfortunatamente non ne siamo sicuri a causa del rifiuto delle autorità di fornire informazioni», ha twittato Ap. Sulla maggiore delle Pelagie sono arrivate ieri 182 persone in cinque sbarchi.
In serata Ap ha chiesto aiuto per un’altra barca in pericolo nelle acque internazionali della zona Sar maltese. Secondo le informazioni raccolte è partita martedì dalla Libia e trasporta 25 persone.
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