Europa

2020, l’anno più caldo per l’Europa

2020, l’anno più caldo per l’Europa

«Rapporto sullo stato del clima» Temperature autunnali e invernali mai registrate in passato

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 23 aprile 2021

Il 2020 è stato l’anno più caldo mai registrato in tutta Europa, con temperature autunnali e invernali da record. A livello globale, invece, il 2020 è stato uno dei tre anni più caldi e anche gli ultimi sei anni sono stati i più caldi da quando se ne tenga registro.

LE CONCENTRAZIONI DI GAS serra (anidride carbonica e metano, CO2 e CH4) hanno continuato ad aumentare toccando i livelli annuali più alti dal 2003, anno in cui sono iniziate le osservazioni satellitari. Questo elenco non disegna il contesto di un romanzo fantasy ma i contenuti dell’ultimo «Rapporto sullo stato del clima in Europa 2020» (European State of the Climate 2020), pubblicato in occasione della Giornata mondiale della Terra da Copernicus Climate Change Service (C3S), il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, dedicato a monitorare il nostro Pianeta e il suo ambiente a beneficio di tutti i cittadini europei.

IL QUADRO DIPINTO dal rapporto è allarmante: a livello mondo gli indicatori globali mostrano che le temperature medie degli ultimi 5 anni sono le più alte mai registrate e di ben 1,2 gradi sopra la media registrata nel periodo tra il 1850 e il 1900. Significa che siamo vicinissimi al limite di +1,5 gradi fissato dall’Accordo di Parigi sul clima della COP21. Nel 2020, l’inverno in Europa ha registrato temperature sopra la media stagionale di 3,4 gradi, particolarmente elevate nel Nord-Est del continente, con un impatto sulla copertura nevosa, sul ghiaccio marino e sul numero di giorni (pochi, sotto la media) nei quali è stata registrata una temperatura inferiore allo zero. Diversi episodi di caldo intenso si sono verificati invece in estate, colpendo diverse regioni europee in ogni mese dell’anno, anche se le ondate di calore non sono state intense, diffuse e lunghe tanto quanto quelle registrate negli ultimi anni. La media regionale degli incendi in Europa è stata vicina a quella del periodo 1981-2010, ma con periodi dove sono stati registrati livelli superiori alla media a livello locale, in particolare nei Balcani e nell’Europa orientale alla fine dell’inverno e in primavera.

AL CUORE DELLA CRISI però ci stanno due aspetti, che Copernicus evidenzia. Il primo: la temperatura annuale in Europa è stata «la più alta mai registrata, almeno 0,4 gradi sopra la media dei cinque anni più caldi, verificatesi tutti nell’ultimo decennio». L’Europa nord-orientale, in particolare, è stata «eccezionalmente calda con temperature di 1,9 gradi al di sopra della media delle registrazioni precedenti», scostamento che durante l’inverno in questa regione ha visto «temperature massime e minime rispettivamente fino a 6 e 9 gradi al di sopra della media del periodo 1981-2010». Il secondo: nel 2020 le concentrazioni globali di anidride carbonica (CO2) e metano (CH4) sono aumentate. Stime preliminari dai dati satellitari indicano che «le concentrazioni di CO2 sono aumentate dello 0,6% durante l’anno e quelle di metano di quasi lo 0,8%». I dati di Copernicus ci dicono che «le concentrazioni atmosferiche di gas serra per il 2020 hanno raggiunto la loro media annuale globale più alta tra le registrazioni effettuate dal Copernicus Atmosphere Monitoring Service dal 2003».

Sono dati allarmanti. Anche le misurazioni a terra mostrano «una costante tendenza all’aumento» e un anno di lockdown non è sufficiente ad intaccare la concentrazione di gas serra.

C’È, PER ULTIMO, un altro dato allarmante. Riguarda l’Artico, l’area intorno al Polo Nord. Il 2020 è stato, e «con ampio margine, l’anno più caldo mai registrato nella Siberia Artica», come specifica un focus del rapporto. Durante l’estate l’area è stata colpita da fenomeni di siccità e ha registrato un numero di incendi da record. A marzo, invece, un vortice polare particolarmente forte aveva portato a una riduzione da record dell’ozono nell’emisfero settentrionale. Temperature superiori alla media sono state registrate principalmente in Siberia settentrionale e in alcune parti adiacenti all’Artide dove le anomalie hanno raggiunto i 6 gradi. Il ghiaccio marino è stato ai minimi storici per la maggior parte dell’estate e dell’autunno nei mari dell’Artico. Siamo vicini al punto di non ritorno: non servono parole ma politiche.

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