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2003, quando in Europa si morì di caldo

2003, quando in Europa si morì di caldo

Il fatto della settimana Alle prime due settimane di agosto in Francia la canicule uccise 11.500 persone, quasi tutti anziani. E il mondo scoprì che il clima stava cambiando

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 14 giugno 2018

«Why did so many die?», «perché sono morti in tanti», titolava l’11 settembre 2003 The Economist. L’occhiello spiegava il titolo: «Ondata di calore in Francia». A causa del caldo eccessivo, nelle prime due settimane di agosto in tutto il paese erano morte 11.435 persone, almeno l’80% delle quali over 75, e il governo francese in un report ufficiale aveva provato a scaricare la responsabilità sullo staff degli ospedali che sarebbe stato sottodimensionato, sui medici di famiglia in ferie, sullo scarso coordinamento tra gli uffici del governo. The Economist però ricostruisce il comportamento di chi avrebbe dovuto seguire e coordinare la risposta all’emergenza:

«L’11 agosto il ministro della Salute, Jean-François Mattei, era ancora in ferie, ed è stato intervistato in camicia, nel suo giardino. Il primo ministro non è rientrato a Parigi fino al 14. E il presidente Jacques Chirac, in ferie in Canada, volò in Francia solo il giorno 20».

E l’Italia? La situazione fu eccezionale anche nel nostro paese: per la prima volta, nella storia delle rilevazioni, in molte città vennero superati i 40 gradi centrigradi. Le conseguenze furono riassunte così dai quotidiani: «Caldo e solitudine, nelle città muoiono gli anziani» (Corriere della Sera, 13 agosto 2003); «Anziani, l’epidemia nascosta. Almeno duemila i morti» (la Repubblica, 18 agosto 2003)». Dopo metà agosto intervenne anche il ministro della Salute, Girolamo Sirchia: «La nostra attenzione deve essere rivolta soprattutto a chi ha più di 75 anni e vive delle grandi città dove la solitudine è fortissima».

Nelle città la temperatura percepita fu superiore alla già elevatissima temperatura registrata. Scriveva il Corriere della Sera: «Così a Firenze, con il 30% di umidità, la temperatura percepita è stata di 47 gradi, ma a Milano con il 52% di umidità la temperatura percepita è stata di 50 gradi…».

Un anno dopo sarebbero arrivare le stime della Comunità di Sant’Egidio, realizzate incrociando i dati del ministero della Salute e quelli dell’Istat: 12.633 decessi in più nell’estate del 2003, oltre il 90% dei quali di anziani.

«Noi abbiamo superato la Francia» titola la Repubblica. Sant’Egidio fu il primo soggetto ad attivarsi, distribuendo un milione di depliant («Sole sì, soli no») con i consigli per difendersi dal caldo. Da quell’iniziativa nacque – nel 2004 – un programma, «Viva gli anziani!», che è ancora in corso, e che durante l’estate propone momenti di aggregazione per gli anziani, a partire dalla considerazione che la solitudine e l’isolamento, oltre a problemi sanitari e cronicità pregresse, siano una delle cause principali delle morti da caldo.

Claudio Castellano della Società Meteorologica Italiana provò a spiegare ciò che stava accadendo su NimbusWeb, supplemento alla rivista Nimbus. È il portale diretto da Luca Mercalli, che intervistiamo qui accanto. Perché così tanto caldo? «La struttura meteorologica responsabile delle più intense ondate di caldo sull’Italia è l’alta pressione africana; è del tutto normale che promontori di alta pressione si spingano dal Nord Africa verso il continente europeo proponendo picchi di temperature molto elevate nel periodo estivo…». A compromettere ulterioramente la situazione sono «le condizioni di gran secco che possono favorire ulteriormente l’aumento della temperatura; l’evaporazione dell’acqua dal suolo e dalle piante limita l’aumento della temperatura, mentre in condizioni di terreno molto secco e di vegetazione in stress idrico l’energia radiativa del sole viene interamente impiegata per il riscaldamento del suolo e quindi dell’aria soprastante, come accade nei deserti, innalzando le temperature diurne a valori inusuali per le pianure del Nord Italia». Era l’estate di quindici anni fa.

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