Zaki è uscito dal carcere «Ora voglio tornare in Italia»
Internazionale

Zaki è uscito dal carcere «Ora voglio tornare in Italia»

Meloni ringrazia al-Sisi, ma le ong ricordano: Il regime vieta l a libertà di pensiero»
Pubblicato più di un anno faEdizione del 21 luglio 2023

Ha iniziato a pubblicare post su Facebook nel pomeriggio di mercoledì Marise Zaki, per comunicare di essere «ancora in attesa» del rilascio del fratello Patrick Zaki dopo l’annuncio della grazia presidenziale che annulla la condanna a tre anni per il ricercatore dell’Università di Bologna. Quella di ieri per lei, i genitori e la fidanzata Reny deve essere stata una giornata di passione, segnata da emozioni contrastanti: troppo fresco ancora lo shock di vedere il ragazzo portato via a forza dall’aula di tribunale a Mansoura martedì, subito dopo la lettura della sentenza. Poi il giorno dopo, la gioia per il perdono da parte del presidente Al-Sisi, che non forniva però dettagli sulla data della scarcerazione. Ieri infine, l’attesa fuori dal carcere, cominciata al mattino presto. Quando finalmente intorno alle 11 ora italiana per Zaki si sono spalancate le porte del complesso penitenziario, l’ansia di vedere le proprie aspettative tradite si è sciolta in tanti lunghi abbracci immortalati dalle telecamere dei cronisti presenti: il primo con la mamma, commosso, poi quello con Reny e Marise, e per ultimo papà George, che le telecamere avevano sorpreso a passeggiare avanti e indietro prima dell’arrivo del figlio, come a voler vivere da solo il peso dell’incertezza.

SÌ, PERCHÉ IN EGITTO nulla va dato per scontato. Le leggi possono essere interpretate, aggirate, disattese, soprattutto quando si tratta di reati contro la sicurezza dello Stato. Lo denunciano da tempo i difensori dei diritti umani del Paese arabo, avvertendo come la riforma delle norme sull’anti-terrorismo e l’introduzione dei tribunali d’emergenza per la sicurezza dello Stato da parte del governo del generale Al-Sisi hanno stretto la morsa contro ogni voce contraria. In questo contesto, neanche una forte attenzione mediatica può diventare una garanzia. Un deciso ottimismo è invece arrivato dalla permier Giorgia Meloni, che nella serata di giovedì pubblicava un video in cui ringraziava Al Sisi per il perdono, nonché l’incessante lavoro dell’intelligence e dei diplomatici dei due paesi, per poi annunciare l’imminente arrivo di Zaki in Italia. Parole che hanno aperto la strada a speculazioni su una trattativa Roma-Cairo che il vicepremier e ministro degli Esteri Tajani è corso a smentire: «Nessuna trattativa sottobanco», ha detto, aggiungendo anche «nessun baratto» col caso Regeni. E l’iter per il visto d’ingresso in Italia sarebbe già partito, come ha confermato una fonte interna alla Farnesina all’agenzia Dire: «In aeroporto Zaki non dovrebbe avere sorprese, il divieto di viaggio (scattato nei mesi scorsi in attesa di giudizio, ndr) viene annullato col provvedimento di grazia».

L’ARRIVO IN ITALIA è previsto quindi nei prossimi giorni. Tutto è bene quel che finisce bene? Le organizzazioni per i diritti umani continuano a segnalare che «grazia e perdono» sono concessioni immaginate per chi commette un reato, mentre l’unica cosa che Zaki ha fatto è stata pubblicare un articolo in cui ha criticato l’assenza di tutele per una minoranza religiosa – quella copta, a cui appartiene – che il regime non ha gradito. L’invito quindi è a non plaudire un governo che vieta la libera manifestazione del pensiero. Per Claudio Francavilla di Human Rights Watch però c’è di più: l’Italia e l’Unione europea sarebbero pronte a ignorare anche la violazione di altri diritti fondamentali da parte del Cairo, questa volta a danno di migranti e richiedenti asilo: quelli eritrei «rimpatriati illegalmente» e i sudanesi in fuga dalla guerra e non accolti. Il responsabile advocacy di Hrw per l’Ue tira in ballo il vertice di domenica prossima convocato a Roma dalla premier Meloni coi leader di Medio oriente e Nord Africa per discutere il tema migratorio. Un modo, denuncia l’esperto, per replicare l’accordo sui migranti «appena siglato con la Tunisia, che la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha indicato come modello per la regione». La tesi: in cambio del contenimento delle partenze si chiuderebbe un occhio sugli abusi. E col summit c’entra anche la grazia a Zaki? «La presenza di Al-Sisi o di un suo rappresentante all’indomani della condanna sarebbe stata fonte di imbarazzo e soprattutto di proteste» replica il ricercatore. Di nuovo, giochi politici sulla pelle di un ragazzo. Che coi cronisti fuori dal carcere si è limitato a parlare del futuro: «Voglio tornare in Italia il prima possibile».

*Agenzia Dire

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