Portaerei, jet, cacciatorpedinieri, simulazioni di attacchi mirati, fughe di notizie e documenti top secret. Gli ingredienti delle tensioni e del grande gioco sull’Asia-Pacifico sono tanti. A partire dalle manovre contrapposte delle due grandi potenze, Stati uniti e Cina.

Ieri sera, come previsto, si sono concluse le esercitazioni di Pechino intorno a Taiwan. Tre giorni di manovre per esprimere insoddisfazione per l’incontro fra la presidente Tsai Ing-wen e lo speaker del Congresso Kevin McCarthy in California.

Nelle ultime due giornate, sono stati simulati attacchi contro “obiettivi chiave dell’isola” e “blocchi navali” mirati a testare la capacità di neutralizzazione delle difese di Taipei. Non si è trattato di una mera ripetizione delle esercitazioni dello scorso agosto, lanciate in risposta alla visita di Nancy Pelosi.

La novità principale è l’impiego della portaerei Shandong, servita come trampolino di lancio per i caccia J-15, osservati per la prima volta oltre nello spazio di identificazione di difesa aerea di Taipei. Nessuna mappa precisa delle operazioni, che si sono concentrate soprattutto al largo della costa orientale. Cioè da dove potrebbero arrivare gli aiuti di Usa e Giappone in caso di un ipotetico blocco.

IN GENERALE, i test sono stati meno estesi dello scorso agosto. Oltre alla durata più che dimezzata, non c’è stato nessun impatto sull’attività degli aeroporti civili. Soprattutto, non è stato ripetuto il lancio di missili. Xi Jinping ha dunque optato per una reazione forte, ma non esagerata. Hanno probabilmente inciso calcoli politici in vista delle presidenziali taiwanesi del 2024. Tsai e McCarthy si sono incontrati in California invece che a Taipei, come inizialmente previsto. Un piccolo segnale di compromesso che, se non colto, avrebbe potuto far dire al Partito progressista democratico che è inutile evitare mosse troppo ardite. Si sarebbe rischiato poi rendere impossibile al dialogante Guomindang di sostenere che la visita in Cina continentale dell’ex presidente Ma Ying-jeou sia servita a ridurre i rischi.

GLI STATI UNITI HANNO risposto col cacciatorpediniere a missili teleguidati USS Milius, transitato nel mar Cinese meridionale. Il passaggio è avvenuto molto lontano da Taiwan, ma nelle acque territoriali del Mischief Reef, un piccolo atollo delle isole Spratly amministrato dalla Repubblica popolare ma rivendicato anche da Vietnam e Filippine. Non sembra un caso.

Oggi prendono infatti il via le Balikatan (spalla a spalla, ndr), le esercitazioni congiunte tra Usa e Filippine, le più vaste di sempre tra i due paesi. Con la partecipazione fino al 28 aprile di 17.600 partecipanti di cui circa 12 mila militari americani. Per la prima volta saranno effettuate esercitazioni a fuoco vivo in acqua.

L’AVVIO DEI TEST COINCIDE anche coi tentativi di rafforzare i legami col Vietnam. Nei prossimi giorni il segretario di Stato Antony Blinken sarà ad Hanoi, per discutere l’elevazione dei rapporti.

Nelle scorse settimane una nave Usa era transitata per le isole Paracelso, contese tra Vietnam e Cina, proprio mentre Lockheed Martin e Boeing si trovavano con altre aziende americane nel paese del Sud-Est asiatico per negoziare la vendita di droni ed elicotteri. Non solo. Il 29 marzo, Joe Biden ha avuto un colloquio telefonico col segretario del Partito comunista Nguyen Phu Trong. Mossa inusuale, visto che di solito il presidente americano parla con l’omologo vietnamita.

Se Washington prova ad avanzare nel Sud-Est, rischia una polemica con uno dei suoi storici alleati asiatici: la Corea del Sud. La fuga di notizie su documenti top secret dell’intelligence statunitense rivela che il Pentagono spia anche Seul.

NEI FILE PUBBLICATI dal New York Times, si scopre che venivano seguite conversazioni di figure chiave del dibattito sulla possibilità di inviare armi in Ucraina. Alcuni funzionari erano preoccupati dalle possibili pressioni di Biden in materia.

Ora però, il leak rischia di offuscare la prossima visita di stato del presidente Yoon Suk-yeol alla Casa bianca il 26 aprile.

L’opposizione è già sul piede di guerra per il disgelo col Giappone, avvenuto secondo i democratici attraverso una “umiliante sottomissione”, visto il ritiro della richiesta dei risarcimenti per le vittime di abusi e lavoro forzato durante la dominazione coloniale. Il governo ha dichiarato che “discuterà la questione”, ma diventa ancora più complicato far accettare le restrizioni sui semiconduttori imposte da Biden.