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Welfare e bilancio, i conti del cancelliere in debito di ossigeno

Welfare e bilancio, i conti del cancelliere in debito di ossigenoBerlino, Olaf Scholz durante il discorso al congresso Spd – Ap

Germania In picchiata nei sondaggi e in difficoltà nel governo. Olaf Sholz parla al congresso dell’Spd e difende stato sociale, clima e Ucraina

Pubblicato 10 mesi faEdizione del 10 dicembre 2023

Il congresso del rilancio della Spd nell’anno del declino di Scholz si ricompone nella standing-ovation fortemente sollecitata dalla presidente Malu Dreyer per riunire i delegati intorno al leader azzoppato dai sondaggi. Non era affatto scontato, e invece «Olaf ci ha scaldato il cuore», sottolinea emozionata (e assai sollevata) Saskia Esken, co-segretaria del partito, eletta due anni fa proprio per impedire all’attuale cancelliere «troppo poco di sinistra» di prendere pure le redini della Spd.

TUTTO ARCHIVIATO fra gli applausi più o meno spontanei al Parteitag nel “City Cube” alla Fiera di Berlino. In nome del discorso di Scholz definito, in ogni caso, un successo perché banalmente per la prima volta ha parlato a braccio senza leggere il testo preparato e poi non si è “impappinato” come invece ha fatto a inizio settimana al Bundestag mentre spiegava che la Germania sarebbe entrata nell’esercizio provvisorio vista la sua impossibilità di approvare il bilancio entro fine anno: il contrario di quanto aveva assicurato a fine novembre.

«Ringrazio la Spd per la sua unità. È durata molto più a lungo di quanto si aspettassero» esordisce Scholz, senza esplicitare i “gufi” destinatari del messaggio e rivendicando il primo evidente risultato congressuale: non è stato sonoramente contestato dalla platea per la linea politica sempre più bellica né per il giro di vite sui migranti promosso dal ministero dell’Interno a guida Spd (che recentemente ha aperto anche al meloniano “modello-Albania”) e tantomeno per la posizione senza se e ma a fianco di Israele.

La Spd è ancora, nonostante tutto, ufficialmente sintonizzata sul suo cancelliere; l’opposto della Germania fotografata nell’ultimo rilevamento sul gradimento dei politici: ad avere ancora fiducia in Scholz è solo il 20%; meno perfino dei tedeschi che puntano sulla candidata-cancelliera di Afd, Alice Weidel.

A SENTIRE SCHOLZ parlano i «successi del governo», ieri elencati uno a uno insieme ai punti fermi del futuro. Per cominciare a pagare il mostruoso taglio di 60 miliardi di euro dal budget federale imposto dalla sentenza della Corte costituzionale non sarà lo stato sociale. «Non ci sarà alcuna riduzione del welfare» promette il cancelliere ricordando le due importanti conquiste del partito nella legislatura: «Abbiamo portato a casa il reddito di cittadinanza e l’innalzamento del salario minimo».

Però allo stesso tempo Scholz assicura anche che il conto dell’austerity non dovrà pesare «nemmeno sull’ambiente»; figuriamoci la guerra in Ucraina: prima fra le preoccupazioni politico-finanziarie del leader Spd che ieri ha dedicato al conflitto ben un quarto d’ora. «Putin non si aspetti che abbandoniamo il sostegno a Kiev. La guerra non finirà presto. Se sarà necessario, e se gli altri si indeboliscono, daremo un contributo ancora maggiore».

La pace, dunque, nella Spd non si vede neppure di striscio, per non parlare della distensione: rottamata in pieno, nonostante fosse nel Dna del partito fin dai tempi di Willy Brandt. «I confini non devono essere cambiati con la forza. Nessuno vuole vivere in un mondo dove il Paese grande decide le sorti del vicino più piccolo» è la chiosa di Scholz. Talmente elementare che deve servire a giustificare, senza ulteriori scomodi dibattiti, le nuove spese per la guerra in Ucraina. Dopo gli Usa, il governo Scholz è il secondo fornitore mondiale di armi e finanziamenti al governo Zelensky.

ALL’INTERNO DELLA SINISTRA della Spd la classifica è quantomeno imbarazzante: il partito fino a pochi anni fa chiedeva il ritiro delle atomiche Usa dalle basi in Renania. Eppure il congresso sul tema ieri si è concluso fra i sorrisi. Forse perché – dicono le malevoci – è stato trovato l’accordo sullo scambio politico non proprio decente: il rinnovo del sostegno all’Ucraina verrà usato come cavallo di Troia per scardinare il totem del debito-zero difeso con le unghie dal ministro delle Finanze, Christian Lindner.

La tesi è che se per Kiev si possono sforare i conti, allora l’emergenza economica causata dall’invasione russa giustifica l’apertura di nuovi mutui da parte del governo federale. Alla faccia del patto di stabilità europeo la cui stretta osservazione a Berlino viene sempre venduta come imprescindibile per la tenuta dell’Ue.

Mentre il tema migranti, che stava a cuore soprattutto ai Giovani Socialisti, sembra essere stato risolto dal cancelliere con un altro baratto: controllo ferreo sull’immigrazione irregolare in cambio della facilità dei visti e ricongiungimenti familiari e l’inserimento rapido nel mondo del lavoro.

Anche qui i mal di pancia di chi si preoccupava dell’aspetto umanitario si sono ricomposti molto più velocemente delle previsioni. Con l’unità del partito messa infine nero su bianco nella dirigenza riconfermata con percentuali bulgare. Rieletti a co-segretari del partito, Esken (82% dei voti; era 76% nel 2021) e Lars Klingbeil (85%) mentre come presidente generale l’ex “ribelle” dei Giovani Socialisti, Kevin Kühnert, rieletto per la seconda volta.

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