Wang al Cremlino: «Soluzione politica», ma il vero piano di pace deve attendere
Il limite ignoto Lo zar diplomatico cinese dal leader russo, e per la prima volta la guerra entra direttamente nella discussione
Il limite ignoto Lo zar diplomatico cinese dal leader russo, e per la prima volta la guerra entra direttamente nella discussione
La Cina auspica una «soluzione politica» della crisi ucraina. Non una novità, la Cina lo ha detto e ribadito diverse volte dall’inizio della guerra. Eppure, una novità c’è: la Cina ne parla apertamente con la Russia. E lo fa durante l’ultimo giorno del viaggio a Mosca di Wang Yi, il direttore dell’Ufficio della Commissione centrale per gli affari esteri del partito comunista.
Lo zar della diplomazia cinese ha reiterato la volontà di Pechino di favorire la risoluzione della crisi attraverso il dialogo e il negoziato, ma lo ha fatto direttamente di fronte a Vladimir Putin e Sergej Lavrov. Nei precedenti incontri del 2022 gli accenni all’Ucraina erano rimasti limitati e si parlava prettamente di relazioni bilaterali. Stavolta invece la guerra, seppur chiamata sempre «crisi», è entrata nelle discussioni. A testimonianza del tentativo cinese di giocare un ruolo più attivo, o quantomeno di darne l’impressione all’esterno. In particolare all’Europa, che si aspettava pressioni di Pechino sul Cremlino per interrompere il conflitto.
Sono state ridimensionate però le aspettative sulla «proposta di pace» cinese. Il documento che verrà presentato domani sarà un position paper che ribadirà i concetti chiave della prospettiva di Pechino: tutela della sovranità e integrità territoriali, considerazione delle legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i paesi, rifiuto di sanzioni e armi nucleari. Principi piuttosto generici e già inclusi nel concept paper sulla Global Security Initiative: insomma, non un concreto piano di pace.
La più diretta menzione dell’ostilità cinese verso il prolungamento della guerra è stata bilanciata dalla consueta retorica secondo cui la responsabilità del conflitto è soprattutto degli Stati uniti. Wang «ha espresso il suo apprezzamento per la conferma della volontà della Russia di risolvere la questione attraverso il dialogo e il negoziato». Tra le righe, si segnala che la vicinanza e il sostegno cinesi sono assicurati qualora Mosca riesca a lavorare per una soluzione politica.
Wang ha garantito che la Cina «manterrà una posizione obiettiva ed equa e svolgerà un ruolo costruttivo nella soluzione politica della crisi», ma ha anche assicurato a Putin e Lavrov che l’intenzione di Pechino è quella di approfondire ulteriormente le relazioni con Mosca. Il messaggio che la Cina dà alla Russia e agli Usa è che il «solido slancio» alle relazioni «ha resistito alle pressioni» e che dunque il legame non sarà intaccato dalle contingenze. Nemmeno dalla guerra, di cui la colpa maggiore è la «mentalità da guerra fredda» e la voglia di «egemonia» di Washington. Non a caso, la relazione Cina-Russia viene descritta da Wang come «utile a combattere ogni forma di bullismo unilaterale».
La visita di Wang è stata funzionale anche a preparare la visita di Xi Jinping al Cremlino, che potrebbe avvenire dopo l’appuntamento legislativo delle “due sessioni” di marzo. Se avvenisse in concomitanza di negoziati, il presidente cinese potrebbe rivendicare un ruolo da far pesare sulla bilancia dei rapporti con l’Europa o come minimo col Sud globale. Male che vada, servirà per opporsi ufficialmente all’utilizzo delle armi nucleari. Senza comunque scaricare un partner che serve resti in sella.
Alle armi nucleari, tra l’altro, inizia a pensarci anche la Corea del Sud. Chung Jin-suk, leader del partito conservatore al potere, ha dichiarato che Seul dovrebbe «prendere seriamente in considerazione» lo sviluppo di armi atomiche come deterrente nei confronti di Pyongyang. È la rottura di uno storico tabù. Chung ha anche paventato la possibilità di effettuare attacchi preventivi contro la Corea del Nord, che nei giorni scorsi ha testato un nuovo missile intercontinentale in risposta alle esercitazioni congiunte di Seul e Washington.
Anche il Giappone sta giocando un ruolo sempre più attivo. Dopo aver rivoluzionato la propria strategia di difesa, Tokyo ha annunciato un maxi pacchetto di aiuti finanziari da 5,5 miliardi di dollari per Kiev. Il premier giapponese Fumio Kishida ha anche annunciato un summit virtuale dei leader del G7 al quale parteciperà anche il presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Le turbolenze europee stanno provocando scosse telluriche anche in Asia orientale.
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