In un festival dove si fa molta attenzione a non toccare temi «sensibili», la guerra entra attraverso l’appello per il cessate il fuoco pronunciato dopo la sua esibizione da Dargen D’Amico. Un tema a cui si riferisce anche Ghali, parlando dei «bombardamenti sugli ospedali per un pezzo di terra», frase contenuta nella sua canzone Casa mia. Ma conro questo testo arriva anche l’indignazione del presidente della comunità ebraica di Milano, Walker Meghnagi. «Al festival di Sanremo è andata in scena una esibizione che ha ferito molti spettatori – scrive in una nota – . Ghali ha proposto una canzone per gli abitanti di Gaza, ma a differenza di Ghali non possiamo dimenticare che questa terribile guerra è il prodotto di quanto successo il 7 ottobre. Dopo che i terroristi di Hamas, che controllano Gaza, superano il confine legalmente riconosciuto di Israele e sterminano in sole due ore oltre 1.400 ebrei» e conclude «Dove sono i vertici Rai?». Ghali  risponde all’accusa: «Sto leggendo in rete appelli, commenti, rispetto al testo della mia canzone. Sono venuto a Sanremo per portare un messaggio, non ho né il ruolo né l’ambizione di risolvere una questione internazionale. Ma se la mia esibizione porta a ragionare sull’irragionabile, se la mia canzone porta luce su quello che si finge di non vedere allora ben venga. Non si può andare oltre. È necessario prendere una posizione perché il silenzio non suoni come un assenso». A Meghnagi risponde anche Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, coordinamento di Unione Popolare: «inaccettabile la richiesta di censura. Non vi è nulla di antisemita nel denunciare i crimini che sta commettendo l’esercito israeliano. Forse Meghnagi non se ne è accorto ma la stessa Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia ha ritenuto plausibile l’accusa di genocidio nei confronti di Israele».