Internazionale

Wagner, una nebulosa di aziende e violenza sfrutta l’Africa. E non scomparirà

Russia-Africa Probabile il passaggio diretto sotto il ministero della difesa di Mosca. Che non può lasciarsi scappare il principale strumento di egemonia nel continente

Pubblicato circa un anno faEdizione del 25 agosto 2023

La possibile uscita di scena di Yevgeny Prigozhin, fondatore del gruppo paramilitare Wagner, ha sollevato interrogativi sul suo futuro, soprattutto nel continente africano.

Non a caso l’ultimo video che lo ritrae è stato trasmesso proprio dall’Africa, con Prigozhin al lavoro «per rendere la Russia ancora più grande e l’Africa un continente più libero».

I mercenari di Wagner sono saliti alla ribalta per la prima volta durante l’invasione della Crimea del 2014, quando hanno sostenuto l’esercito russo. Li abbiamo poi visti in Siria, accanto alle forze di Bashar Al-Assad, per arrivare nel continente africano in Libia, dove hanno sostenuto – e sostengono tuttora – il generale cirenaico Khalifa Haftar.

NEGLI ULTIMI ANNI l’Africa ha rappresentato la vera «base operativa e finanziaria» e una parte considerevole delle attività del gruppo paramilitare oggi impegnato in almeno sei paesi: Libia, Sudan, Repubblica centrafricana, Mozambico, Madagascar e Mali, senza contare la loro probabile presenza in Guinea, Burkina Faso, Eritrea, Camerun e Zimbabwe.

Il Gruppo Wagner è una compagnia militare privata, ma anche una rete opaca di aziende e organizzazioni di influenza politica che hanno goduto dell’appoggio implicito del governo russo perché in questi anni ha saputo rispondere alle ambizioni personali di Prigozhin, ma soprattutto servire gli interessi di Mosca nella sua lotta per la supremazia e l’influenza contro altri paesi (Cina, Francia, Usa, Turchia) nel continente africano.

I wagneriani servono in Africa come guardie pretoriane di capi di stato, talvolta illegittimi, di cui assicurano il mantenimento al potere mentre garantiscono al governo russo ricche commesse in armi. In cambio, i paramilitari russi sfruttano le ricche risorse locali: diamanti, oro, idrocarburi, legname.

Nella Repubblica Centrafricana, ad esempio, dove Wagner si è stabilito nel 2017 su richiesta del presidente Touadéra, sono stati dispiegati 1.500 uomini. Molti si pagano con l’oro estratto dalle miniere nell’ovest del paese.

UNO SCENARIO paragonabile a quello del Mali: la giunta ha chiamato le milizie russe a sostenere l’esercito nella lotta contro i jihadisti e pagherebbe – secondo il Dipartimento di stato americano – oltre «10 milioni di dollari mensili sotto forma di risorse naturali».

Interessi simili in Sudan e in Libia dove Wagner ha approfittato dell’instabilità per ottenere profitti. Le aziende della rete Prigozhin hanno accesso illimitato alle concessioni minerarie sudanesi. Come contropartita, nel conflitto in corso nel paese, il gruppo rifornisce di armi e sostegno logistico i paramilitari delle Rapid Support Forces (Rsf) del generale Dagalo, detto Hemeti, in particolare in Darfur.

In Libia i mercenari russi supportano Haftar nella gestione dei pozzi petroliferi e dei porti della Cirenaica, in cambio di ricche forniture in idrocarburi.

Proprio per l’importanza strategica ed economica appare difficile immaginare che una «nebulosa» paramilitare così redditizia e influente nel cuore degli stati africani possa «crollare» con la scomparsa del suo fondatore, come ipotizzato in queste ore.

«Wagner è un marchio che designa una miriade di aziende indispensabili per il Cremlino, potrebbe cambiare nome, ma non scomparire», ha detto su TV5 Monde Lou Osborn del gruppo di ricerca «All Eyes on Wagner».

CERTAMENTE cambieranno «i suoi vertici con persone più vicine a Mosca o sotto il diretto controllo del ministero della difesa», come ha indicato il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, durante il summit “Russia-Africa, dello scorso 27 luglio a San Pietroburgo, precisando che «il gruppo continuerà a operare con le tutte le autorità che richiederanno il suo supporto».

Una conferma del cambio di strategia di Mosca è arrivata proprio questo martedì con la visita in Libia del viceministro della Difesa russo, Yunus-Bek Yevkorov, ad Haftar per una migliore definizione degli obiettivi di «cooperazione militare».

Probabilmente, con la scomparsa di Prigozhin, saranno gli ufficiali della difesa di Mosca a determinare strategie e interessi del gruppo in tutti i paesi in cui è presente.

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