Europa

Voto Ppe-nazionalisti, l’Ursula bis va in tilt. Socialisti in difficoltà

Il parlamento europeo a StrasburgoIl parlamento europeo a Strasburgo – Ansa

Europarlamento Un caso la mozione Venezuela approvata all’Eurocamera. La vicepresidente S&D Laureti: no a cambi di maggioranza. Il testo firmato da esponenti popolari insieme a orbaniani e Ecr è stato votato anche dall’Afd

Pubblicato 22 giorni faEdizione del 21 settembre 2024

Da oggi i socialisti europei hanno un problema in più. Quello di trovarsi stretti tra la necessità di essere dentro il governo dell’Ue, di cui sono perno accanto alla famiglia popolare, e il timore di non essere indispensabili agli occhi di Ursula von der Leyen.

LO SPETTRO che agita i loro sonni arriva da Caracas, ma il paese sudamericano c’entra solo incidentalmente. Giovedì l’Eurocamera ha approvato Strasburgo una risoluzione – quindi non un atto legislativo o vincolante – sulla situazione del Venezuela dopo le recenti elezioni. Si chiede all’Ue di riconoscere come legittima la presidenza di Edmundo González Urrutia e si condannano i brogli elettorali di Maduro.

Con il voto si è palesata una maggioranza tutta spostata a destra, diversa quindi dalla coalizione parlamentare che sostiene la Commissione von der Leyen II. Il capovolgimento è stato possibile perché il partito popolare europeo (Ppe) ha trovato un’intesa con le formazioni nazionaliste, ovvero i conservatori di Ecr, i patrioti orbaniani (PfE) e persino i sovranisti del gruppo costruito intorno a AfD (Europa delle nazioni sovrane, Ens). Senza contare che lo sbilanciamento dell’asse politico arriva in una settimana di malumori dei progressisti europei, scontenti per come von der Leyen ha composto il nuovo esecutivo, ovvero dando poco peso e luce ai progressisti, siglando un patto polittico con la vicepresidenza esecutiva a Raffaele Fitto (FdI), in Europa esponente di Ecr.

«LA MAGGIORANZA parlamentare che ha sostenuto von der Leyen è frutto dell’accordo raggiunto fra Ppe, socialisti, liberali, Verdi. Noi lavoreremo per far sì che questa maggioranza prevalga sempre, in Parlamento e nelle Commissioni. Ma anche il Ppe deve avere lo stesso obiettivo». Così Camilla Laureti, eurodeputata Pd e vicepresidente del gruppo Socialisti e democratici (S&D), che abbiamo raggiunto per chiedere conto del significato politico del voto di giovedì.

Laureti ribadisce le preoccupazioni che i progressisti esprimono da giorni in modo sempre più forte: «Questa Commissione rappresenta un arretramento e una svolta a destra. I socialisti europei presenteranno ai candidati Commissari nero su bianco, come fatto con von der Leyen, le loro priorità politiche» e ne valuteranno con attenzione le risposte. E tra le priorità, la vicepresidente S&D cita il pilastro sociale dell’Unione, i valori europeisti, la prosecuzione del Next generation oltre il 2026. Infine su Fitto mette in chiaro: «La maggioranza parlamentare che ha portato alla presidenza von der Leyen non è solo numerica, ma politica: si fonda sulla condivisione di valori e principi precisi, primo fra tutti l’europeismo. Su questo non deve esserci ambiguità».

Di questa intesa che si è materializzata sotto i nostri occhi non conosciamo le conseguenze, ma non vorrei diventasse la regola Marco Tarquinio

VEDE LA POSSIBILITÀ che il Ppe sia pronto ad «patto faustiano» con le forze nemiche dell’Europa l’europarlamentare tedesco Tobias Cremer, esponente della Spd, una delle delegazioni più importanti all’interno di S&D. «Con la prospettiva di risultati politici di breve termine, il Ppe ha accettato di rompere il cordone sanitario che escludeva le destre», dice Cremer al manifesto. «La coalizione Ursula bis è nata da un patto con il i popolari intorno ai valori pro-europei. Ma se già alla seconda occasione in cui l’Aula si riunisce ci troviamo di fronte ad un fatto del genere, può venire il sospetto che l’accordo non regge», osserva Cremer non nascondendo tutta la sua irritazione.

ANCORA PIÙ allarmante agli occhi dei progressisti è che il testo presentato al voto di giovedì era stato preparato e firmato da membri del Ppe, insieme a orbaniani e Ecr, tra i quali il capodelegazione FdI Carlo Fidanza. Segno di un’operazione non improvvisata e non causale. «Ci vedo un enorme tasso di spregiudicatezza», osserva Marco Tarquinio, eletto a Strasburgo come indipendente nelle liste Pd. «Di questa intesa che si è materializzata sotto i nostri occhi non conosciamo le conseguenze, al momento. Ma non vorrei diventasse in breve tempo la regola».

DA TEMPO Weber, saldamente alla guida dei popolari, è il teorico dell’incontro tra i cristiano-democratici con le destre sovraniste e nazionaliste europee. È stato lui, motore del bis di von der Leyen, a siglare a Roma un patto con Giorgia Meloni per la vicepresidenza esecutiva e a stendere su Fitto l’ombrello difensivo del Ppe rispetto agli allarmi lanciati dai partiti democratici e di sinistra.

«QUELL’INCARICO non è certo un riconoscimento al nostro paese», continua l’ex direttore di Avvenire, «quanto piuttosto un atto politico di apertura a destra», cioè Ecr, gruppo che comprende FdI e i polacchi del Pis, che negli anni di governo a Varsavia hanno collezionato un’infinità di infrazioni per la violazione dello stato di diritto. Poi Tarquinio osserva: «Non vorrei che si creasse una competizione tra Weber e von der Leyen a chi apre più e meglio alla propria destra».

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