Vola molto basso il piano europeo per ridurre la Co2
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Vola molto basso il piano europeo per ridurre la Co2

Clima Nel 2019 i voli in Europa (9,3 milioni) hanno provocato il 5,2% del totale delle emissioni. Ecco perché non basta l’accordo sullo scambio di quote di emissioni
Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 22 dicembre 2022

A settembre, presentando l’edizione 2022 dell’Europan Aviation Environmental Report, la commissaria europea per i Trasporti, Adina Valean, ha dimostrato piena consapevolezza di un macroscopico problema legato al trasporto aereo: «Se vogliamo trasformare l’Europa nel primo continente neutrale dal punto di vista climatico entro il 2050, la sfida è enorme, perché questo richiede una riduzione del 90% delle emissioni di gas a effetto serra legate ai trasporti nello stesso arco di tempo. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni di anidride carbonica, ridurre l’esposizione a livelli di rumore dannosi, migliorare la qualità dell’aria locale e affrontare altre emissioni non CO2 che contribuiscono al cambiamento climatico».

E SE E’ VERO CHE NON ESISTE solo il trasporto aereo, lo è anche che nel 2019 tutti i voli in partenza dall’Europa sono stati responsabili del 5,2% del totale delle emissioni di gas serra dell’area che comprende i 27 Paesi dell’Ue e l’ Efta (associazione di cui fanno parte Islanda, Liechtenstein, Norvegia e Svizzera), in aumento rispetto al 1990 quando erano il 3,4% del totale: ormai gli aerei rappresentano da soli quasi un quinto (precisamente il 18,3%) delle emissioni del settore dei trasporti e l’aviazione è la seconda fonte di gas climalteranti dopo il trasporto su strada. «Questo aumento è dovuto alla crescita del traffico che ha superato i miglioramenti dell’efficienza dei carburanti e le riduzioni delle emissioni di altri settori» evidenzia l’European Aviation Environmental Report 2022.

ECCO PERCHE’ ANCHE SE LA PANDEMIA di Covid-19 ha provocato una radicale diminuzione del numero dei voli facenti scalo negli aeroporti dell’Ue e dell’Efta, che sono passati da 9,3 milioni nel 2019 a 4,12 milioni nel 2020 e 5,07 milioni nel 2021, le tendenze a lungo termine devono preoccuparci: entro il 2050 i voli annuali nella regione potrebbero raggiungere i 12,2 milioni o addirittura i 15 milioni, in uno scenario che prevede un incremento del traffico.

IN QUESTO STESSO SCENARIO, LE EMISSIONI di CO2 degli aeromobili potrebbero arrivare a 188 milioni o addirittura a 245 milioni di tonnellate, cioè tra il 70% e il 220% in più rispetto al 2005, «a meno che il settore non accordi ulteriore priorità alle misure di protezione ambientale», spiega un comunicato pubblicato dalla Rappresentanza in Italia della Commissione europea. Un altro dato del rapporto – elaborato dall’Agenzia dell’Unione europea per la sicurezza aerea, con il sostegno dell’Agenzia europea dell’ambiente e di Eurocontrol – aiuta a comprendere quanto sia urgente e necessario agire ora, in modo radicale: le emissioni del trasporto aereo sono aumentate drasticamente negli ultimi anni, tanto che il 47% delle emissioni globali di CO2 legate all’aviazione civile nel periodo compreso tra il 1940 e il 2019 si è verificato a partire dal 2000. In pratica, negli ultimi vent’anni le emissioni sono state pari a quelle dei sessant’anni precedenti.

ECCO PERCHE’ LE ORGANIZZAZIONI che lavorano per la giustizia climatica non hanno gioito di fronte alla notizia dell’accordo sulla revisione delle regole del sistema di scambio di quote di emissioni dell’Ue (Ets) relative al trasporto aereo, raggiunto lo scorso 6 dicembre: secondo la Commissione europea, le regole aggiornate sullo scambio di emissioni accelereranno l’attuazione del principio «chi inquina paga», ma l’eliminazione delle quote gratuite (free allowances) avverrà gradualmente entro il 2026 e questo per alcuni anni non rappresenterà affatto un incentivo (economico) a ridurre le emissioni. La questione più critica è però un’altra: i negoziatori dell’Ue che hanno raggiunto l’accordo non sono riusciti a includere nel meccanismo anche i voli a lungo raggio. Questo, secondo il think tank ecologista con sede a Bruxelles Transport&Environment, «significa che il 58% delle emissioni di CO2 del trasporto aereo in Europa non sarà considerato». Gli Stati membri si sono opposti all’estensione del mercato del carbonio ai voli in partenza, sostenendo che il Sistema di compensazione e riduzione del carbonio per l’aviazione internazionale (il cui acronimo è Corsia) istituito dall’agenzia Icao delle Nazioni Unite, sia un meccanismo molto più blando, economico ed inefficace. Secondo T&E, inoltre, le famiglie europee che volano all’interno dell’Ue per le loro vacanze annuali dovranno pagare per le loro emissioni di CO2, mentre i viaggiatori a lungo raggio che volano all’estero non lo faranno.

SECONDO JO DARDENNE, DIRETTORE, direttore dell’aviazione di T&E, «i governi dell’Ue non si sono accorti della debolezza dell’Icao e non hanno avuto la grinta necessaria per far passare un accordo che fosse positivo per il clima e la giustizia sociale. Le famiglie medie europee continueranno a pagare molto di più per le loro emissioni di CO2 rispetto a chi vola spesso a lungo raggio. Stiamo per perdere un altro decennio di inazione climatica a causa della codardia dei governi europei».

SOLO NEL 2026, LA COMMISSIONE effettuerà una valutazione del sistema Corsia, per verificare se sta realizzando in misura sufficiente gli obiettivi dell’Accordo di Parigi per il contenimento del riscaldamento globale: in base all’esito di questa valutazione, la Commissione presenterà una proposta legislativa che potrebbe estendere il campo di applicazione dello scambio di quote di emissioni dell’Ue anche ai voli intercontinentali in partenza.

L’UNICA NOVITA’ RILEVANTE è così che l’accordo di inizio dicembre prevede anche un nuovo regime di sostegno per accelerare l’uso di carburanti sostenibili per l’aviazione, finanziato con i proventi del sistema Ets, stimati in 1,6 miliardi di euro. Le ricerche e le analisi di T&E evidenziano che l’unico carburante sintetico per l’aviazione che potrebbe sostituire i combustibili fossili sia l’e-kerosene, cioè cherosene generato dalla combinazione di idrogeno (H2) e anidride carbonica (CO₂). L’e-kerosene fa parte dei cosiddetti combustibili avanzati sostenibili, ma a differenza dei biocarburanti necessità solo di energia (rinnovab le) e non comporta l’utilizzo di biomasse forestali ed alimentari. L’e-kerosene è parte del piano eFuelEU, proposto dalla Commissione europea e confermato dal Consiglio dell’Ue nel suo approccio generale, che secondo T&E però «non si spinge abbastanza in là per inviare un chiaro segnale di mercato»: le posizioni della Commissione e del Consiglio introducono infatti un mandato di miscelazione ma solo nel 2030, con un obiettivo – lo 0,7% – considerato troppo basso per avere un effetto incentivante. T&E e la Global Powerfuels Alliance hanno così chiesto agli Stati membri dell’Ue e alla Commissione europea di approvare l’obiettivo del 2% di e-kerosene nel 2030, seguendo un’indicazione del Parlamento europeo. L’impatto sui costi di un obiettivo più stringente sarebbe di appena 0,6 euro per biglietto ogni 1000 km di volo. Un costo accessibile, anche perché la posta in gioco è un ambiente più salubre. Nemmeno l’e-kerosene, però, è la bacchetta magica: per questo, ricorda Transport&Environment, servono anche altre misure, come la gestione della domanda. Dobbiamo volare di meno, in Europa e in tutto l’Occidente.

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