Le dimissioni della presidente di Harvard potrebbero a prima vista apparire come inevitabile sanzione di una plagiatrice antisemita, giunta con l’inganno all’apice dell’istituzione universitaria più prestigiosa d’America e smascherata come impostora. È questa, certo, la versione che imperversa sui canali della destra americana, dove lo sdegno ostentato si mescola alla malcelata soddisfazione per il trofeo portato a casa con l’allontanamento di Claudine Gay. La politologa, figlia di immigranti haitiani, prima donna afroamericana assurta al vertice del sistema universitario era stata simbolo di definitiva integrazione dell’ateneo più connesso all’apparato dirigente. Il suo mandato, concluso dopo sei mesi, passa invece ora agli...