Si sentono ripetere le stesse domande come una martellante litania, in attesa di una risposta che nella migliore delle ipotesi arriva dopo mesi. Le detenzioni arbitrarie in Libia sembrano legalizzate. Silenzio, oscurità e solitudine accompagnano il già duro viaggio di migliaia di famiglie che provano a fuggire da guerra, persecuzione, violenza, fame. Tra gabbie, sbarre e temperature che sfiorano i 38 gradi, le voci dei migranti scandiscono nei vari dialetti «Perché sono qui? E quando posso uscire?». SIAMO BLOCCATI nel vortice dell’Abu Salim Detention Centre, nell’omonimo distretto di Tripoli, dove le stime dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim), parlano di...