Appena scesa dal ring, dopo aver battuto l’ungherese Anna Luca Hamori, Imane Khelif ha sfogato in un pianto gli ultimi giorni di tensioni e attacchi: «È una questione di dignità e onore per ogni donna», ha detto. Intorno a lei il folto pubblico dell’arena di Villepintele tributava un lungo e meritato applauso. Prima, sul ring, l’attesissimo match si è consumato nelle canoniche tre riprese, e Khelif ha sì vinto in maniera netta, ma la supposta superiorità schiacciante lasciata intendere da Angela Carini dopo appena 46 secondi di incontro, giovedì, non si è manifestata.
Il quarto di finale olimpico dei pesi welter (66 kg) tra l’algerina Khelif e l’ungherese Hamori ha visto la prima prevalere soprattutto in virtù del suo atteggiamento più propositivo. E del resto il regolamento del Cio sembra avvantaggiare i pugili intraprendenti, sfavorendo quelli che invece pensano per lo più a difendersi: non sono giochi per incassatori, in altre parole. E così, Khelif è partita subito all’attacco, assestando una buona serie di destri nella guardia troppo spesso aperta dell’avversaria. Nel secondo round il copione è rimasto uguale, con qualche iniziativa in più di Hamori, che solo al terzo ed ultimo round ha provato ad alzare il ritmo per rimontare lo svantaggio. Khelif ha affrontato questo momento con grande saggezza tattica, consapevole di dover solo gestire la situazione. Di fatto non ha corso alcun vero rischio: le offensive dell’ungherese sono state forse troppo disordinate (anche se l’unica penalità l’ha presa Khelif) e in un paio di occasioni le due pugili si sono allacciate finendo a terra. Il cinque a zero finale sancito dall’unanimità dei giudici dice meno dei singoli punteggi (quattro 29-27, un 29-26). Nessuna discussione sul risultato dunque, ma non c’è stato il massacro che molti, soprattutto a destra, forse avrebbero voluto. Lo ha ammesso anche Hamori, che il giorno prima dell’incontro aveva anche lei accusato Khleif di essere un uomo (o forse addirittura un mostro): «Sono orgogliosa di me stessa, di aver combattuto e auguro le migliori fortune a Imane». L’algerina se la vedrà adesso il 6 agosto con la thailandese Janjaem Suwannapheng, vicecampione del mondo nel 2023 a Nuova Delhi. Sarà una semifinale, la medaglia è dunque assicurata, visto che non è prevista finalina tra gli sconfitti.
«Tutto il popolo arabo mi conosce da anni – ha detto ancora Khelif dopo il match -. Per anni ho fatto boxe nelle competizioni della federazione internazionale, loro sono stati ingiusti con me. Ma io ho dio».