La guerra culturale che le destre mondiali stanno conducendo sul corpo di Imane Khelif, vilipesa, esposta, sfruttata per convenienze politiche, ha portato ieri ad altri momenti di battaglia e propaganda.

LA PUGILE UNGHERESE Anna Luca Hamori, prima di salire sul ring ed essere sconfitta dalla collega algerina, aveva diffuso sui social, seguita dal suo compagno, un violento video per perpetrare le fake news sul genere di Khelif: «Devo combattere contro un uomo». Affermazione che ha irritato la delegazione di Algeri ai Giochi e ha costretto ancora una volta il presidente del Comitato olimpico internazionale (Cio), Thomas Bach, a convocare un’altra conferenza stampa per rimarcare che la pugile «è una donna che partecipa a una competizione femminile». Così come la collega Lin Yu-ting di Taiwan.

«Alcune persone vogliono appropriarsi della definizione di donna – ha denunciato Bach -. Se porteranno qualche prova scientifica siamo pronti a prenderla in considerazione, ma non parteciperemo ad alcun dibattito politico con persone che portano avanti questo discorso di odio e abuso». Il presidente del Cio ha chiesto quindi «di rispettare queste donne in quanto donne e in quanto esseri umani» e ha spiegato come il pugilato sia uno sport dal «grande valore sociale, molti pugili arrivano da aree sociali disagiate, la boxe gli dà una possibilità di riscatto. Questo vale ancora di più per le donne, per questo tutto l’odio sui social e contro Imane è deplorevole. Ha dovuto chiarire che lei rappresenta i diritti per le donne nel suo paese e lo fa attraverso il pugilato, è una vera ambasciatrice Unicef».

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ANCHE IL PADRE DELL’ATLETA algerina si è visto costretto a mostrare alle telecamere il certificato di nascita della figlia che inequivocabilmente riporta: «nascita: 2 maggio 1999, sesso: femminile». Imane, ha detto l’uomo, «è un esempio di donna algerina, è una delle eroine dell’Algeria». Nella diatriba tra Cio e International Boxing Association (Iba), l’ex organismo di governo della boxe olimpica bandito nel 2019, oltre a Khelif e Lin, ci è finita anche l’italiana Angela Carini, che aveva abbandonato il match con l’algerina dopo soli 47 secondi ed era stata rilanciata dagli strumenti di comunicazione di Palazzo Chigi, con tanto di foto con la premier Meloni.

L’IBA HA COMUNICATO l’intenzione di voler dare il premio stabilito per chi vince l’oro a Parigi 2024 anche all’atleta italiana «come se fosse diventata campionessa olimpica». Si tratta di 100mila dollari suddivisi tra atleta, federazione e allenatore. «Questo la dice lunga sulla credibilità dell’Iba. Non vogliamo dare alcuna attenzione», ha risposto il portavoce del Cio, Mark Adams. Carini e la Federazione pugilistica italiana (Fpi) hanno poi annunciato di non voler incassare il premio.

IL MINISTRO PER LO SPORT Andrea Abodi, in una intervista a Repubblica, ha provato a smontare la figuraccia mondiale che ha fatto l’Italia (sia a livello sportivo che politico, facendo un caso istituzionale della ritiro dell’azzurra) sostenendo le ragioni della premier Meloni. «Ha sollevato un tema complesso», ha dichiarato Abodi, minimizzando il rischio di isolamento del paese anche nello sport: «È vero che il Cio ha avuto reazioni stizzite in questi giorni ma i rapporti sono ottimi, stiamo organizzando Milano-Cortina».

TUTTAVIA LE POLEMICHE per l’uso strumentale dell’incontro da parte del governo italiano restano. Secondo alcuni giornali, la destra avrebbe intenzione di fare dell’azzurra il volto del Centro Fiamme Oro nel Parco Verde di Caivano. Il quartiere di Napoli che, a causa di alcuni atroci fatti di cronaca, era finito lo scorso anno al centro della propaganda panpenalista governativa con annessa passerella di ministri e decreti dedicati. Ieri Carini ha provato a smarcarsi dal deciso endorsement delle destre. Si è scusata per il comportamento antisportivo tenuto con l’algerina, riferendosi a lei come donna, e ha comunicato di volere del tempo per «disintossicarsi». «Io e la mia avversaria non abbiamo fatto nulla per alimentare il clamore scoppiato attorno al nostro match. Ho perso, lo accetto. Spero che vinca l’oro».

A distanza di giorni, la Santa Sede è intervenuta sulle polemiche per la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, esprimendo «tristezza e deplorazione per l’offesa a molti cristiani e credenti di altre religioni». I gruppi lgbtq+ francesi intanto denunciano la campagna di odio contro gli atleti queer, il direttore artistico, Thomas Jolly e la deejay Barbara Butche, per la scena del banchetto.