I I Una di quelle sere che non si potranno dimenticare. È accaduto mercoledì 31 luglio nella vasca olimpica di Parigi, quando il cinese Pan Zhanle oltre a conquistare l’oro, ha frantumato il record del mondo dei 100 metri stile libero con i due avversari, l’australiano Kyle Chalmers e il rumeno David Popovici, che avevano nuotato al loro meglio e, nonostante ciò, si ritrovavano al traguardo con più di un secondo di ritardo. La gara più veloce, però, era solo l’epilogo di una giornata che ha raccontato altre storie eccezionali. Ad esempio quella del francese Léon Marchand, forse il protagonista dei Giochi. Incoronazione rischiosa e dettata dall’emotività del momento. Intanto, il ventiduenne di Tolosa ha realizzato qualcosa di strepitoso e inedito, aggiudicandosi in un paio d’ore scarse, i 200 farfalla e i 200 rana. Due successi che vanno ad aggiungersi ai 400 misti dominati domenica scorsa. E mancano all’appello i 200 misti di questa sera.
Per Marchand si iniziano a fare paragoni con i grandi del nuoto, a partire da Michael Phelps, non fosse per lo stesso allenatore, Robert Bowman, che ha portato in cima al mondo prima il campione olimpico di Baltimora (23 ori conquistati tra Atene 2004 e Rio de Janeiro 2016) e, ora, quello transalpino. Non è il caso di lanciarsi in questioni del genere, la macchina del tempo nello sport non funziona se non per produrre effimere suggestioni. Resta l’incanto per un giovane atleta con un talento superiore alla media che dà l’impressione di eseguire i movimenti con una scioltezza, evidentemente ingannevole. Non può esservi niente di semplice in quello che fa.Capitolo non esaltante, le reazioni per le sconfitte italiane in varie discipline

FIN QUI abbiamo nominato due nuovi interpreti della disciplina (almeno per le Olimpiadi), entrambi molto attesi anche se accompagnati dai classici dubbi dettati dalla pressione che un evento di tali proporzioni inevitabilmente genera. E per questo, è sufficiente chiedere alla ben più esperta tennista polacca Iga Swiatek che, praticamente imbattibile sulla terra rossa di Roland Garros, ieri ha ceduto in semifinale alla cinese Qinwen Zheng.
Abbiamo conosciuto Sarah Sjostrom nel 2009 ai Campionati del Mondo di Roma dove vinse i 100 farfalla. Da quel momento, record e medaglie di vari metalli hanno contraddistinto un percorso che, tuttavia, mai l’aveva vista sul gradino più alto del podio alle Olimpiadi nella gara più celebre, quella dei 100 metri stile libero. Mercoledì, appunto, era una di quelle sere. E la svedese che tra un paio di settimane compirà trentuno anni, si è concessa la sorprendente gioia di anticipare le favorite per pochi centesimi.

PENSANDO alla parabola sportiva di Sjostrom, fa tenerezza sentire la comprensibile delusione di Simona Quadarella, giunta ancora una volta (dopo Tokyo 2020/21) quarta al traguardo nei 1500 metri stile libero. La venticinquenne di Roma, che comunque a Parigi ha ancora a disposizione gli 800, ha avvertito lo sconforto di chi pensa di essersi lasciata alle spalle l’occasione della vita. Certo, nello sport agonistico ogni momento è unico e irripetibile, eppure gli esempi di Sjostrom e di chi ha poi vinto i 1500, Katie Ledecky, dimostrano che gli algoritmi sono utili per scrivere qualche articolo di presentazione e niente più.
Ledecky si è messa al collo l’ottava medaglia d’oro, la prima l’aveva indossata a Londra nel 2012. Nella distanza più lunga, appena lasciati i blocchi di partenza, la statunitense ha salutato le avversarie gareggiando da sola. Le altre, in apnea, hanno dato vita a una gara emozionante anche se in palio erano rimasti secondo e terzo posto. Alla fine, la francese Anastasija Kirpicnikova e la tedesca Isabel Marie Gose sono salite sul podio. Quadarella, come nei giorni prima Bedetta Pilato, ha chiuso al quarto posto solo perché le altre sono state più brave.

E SULLE REAZIONI scomposte di chi orbita intorno agli eventi sportivi, si apre un capitolo non esaltante. Il rumore molesto delle continue proteste per le sconfitte italiane nella scherma, pugilato, judo e le recriminazioni per risultati che talvolta non hanno corrisposto a previsioni ottimistiche, confermano quell’incapacità congenita di apprezzare i gesti, le competizioni nel loro svolgimento, la bellezza di prestazioni che sintetizzano il rigore dell’allenamento e la genialità di una decisione presa all’istante. Invece che stare attaccati ai medaglieri, non sarebbe più sano che lo sport ci educasse a un sincero stupore?
I due centesimi con i quali Nicolò Martinenghi ha preso l’oro nei 100 rana, la stoccata finale e vincente di Alberta Santuccio nella spada a squadre, i colpi sopraffini di Lorenzo Musetti giunto in semifinale nel torneo di tennis e gli ori appena conseguiti da Alice Bellandi nel judo e Giovanni De Gennaro nella canoa slalom, allo stesso modo, gli sforzi senza successo di tutte le altre e altri, più che al becero orgoglio nazionalistico, dovrebbero aumentare i battiti del cuore e farci spalancare gli occhi.