Trovare un romanzo surreale, ossia un racconto che si dilati nel corso di un tempo lungo attraverso la sovrapposizione di momenti storici con accadimenti di vita vissuta in un puzzle in cui le tessere trovano una loro precisa collocazione, quasi smentendo l’originaria appartenenza al surrealismo, può essere complicato: il romanzo Allegro Adagio Assai (con postfazione di Mario Quattrucci, Novecento, pp. 339, euro 20) di Corrado Morgia lo smentisce.
Il secolo breve, ridotto ancor più di durata, visto che l’azione si svolge fra il 1968 e il 1990-’91, costituisce lo sfondo dell’azione. Il protagonista Cesare, narratore in prima persona, si muove nell’ambiente del cinema (arte che ama in modo particolare) alla ricerca di un ruolo, forse come sceneggiatore. Ma è anche impegnato politicamente, da un certo punto in poi nella Commissione culturale del Pci, e la politica appare come la passione civile che anima scelte importanti e consente la descrizione di fatti della storia italiana che l’Io narrante vive in prima persona.

CONSIDERATO L’ARCO di tempo entro cui si svolge il romanzo è quasi intuibile a quali fatti si faccia riferimento (dalla strage di Piazza Fontana al referendum sul divorzio, dalle amministrazioni di sinistra della metà degli anni Settanta all’uccisione di Aldo Moro, dalla morte di Berlinguer alla caduta del Muro di Berlino fino al congresso di Rimini e allo scioglimento del Pci). Fra un evento e l’altro c’è sempre un film a fare quasi da collante; e poi le donne: ce ne sono molte nel romanzo. Ognuna fornisce al narratore delle possibilità di riflessione anche se ogni tentativo di razionalizzarle sconfina nell’irragionevole ragionevolezza dell’amplesso.
I vari momenti di una sinfonia, come già evidente nel titolo, segnano i passaggi della vicenda narrata. Il riferimento esplicito alla musica riconduce a un tratto particolare della biografia di Morgia che con la musica ha avuto molto da condividere (esattamente come con il partito che è il coprotagonista del romanzo). E lo stile. L’alternarsi continuo di storia e vissuto soggettivo conferisce al romanzo un ritmo serrato e propone a chi legge l’immagine di un «cinematografaro» che, da un lato, ricerca uno spazio di vita in quell’ambiente e, dall’altro lato, trova nell’impegno politico una risposta alla necessità di cambiare il mondo. Aspirazione, quest’ultima, destinata a non realizzarsi in quanto il partito che Pasolini, proprio da questo punto di vista evocato, definì «onesto, intelligente, colto e umanistico» in un Paese con le caratteristiche del tutto opposte, destinato a dirigere il cambiamento non c’è più. Magari l’immaginario ma ben vivo «cinematografaro» vorrà farne il soggetto per un film?

A UN TALE FILM potrebbe, peraltro, essere proposto come personaggio principale Massimo Testa, autore di Comunista con Berlinguer è (stato) bello (con introduzione di Luigi Cancrini, Scione editore, pp. 124, euro 16,70). Anche qui il protagonista è, come si autodefinisce, «un comunista serio» che ha conosciuto Castro, Che Guevara e Arafat, ha accompagnato in macchina Gorbaciov, ha svolto attività di «lavoro riservato» per il partito. Narrando la sua storia personale, Massimo narra la storia dell’uomo con cui ha condiviso parte della sua vita di militante: Berlinguer.
Come il Cesare di Morgia narra i fatti della storia d’Italia che vive in prima persona, allo stesso modo Massimo racconta se stesso attraverso le vicende, le scelte, anche le contraddizioni, di Berlinguer segretario del Pci. Soltanto gli esiti sembrano allontanare i due scrittori-narratori: uno rimane legato al mondo dello spettacolo, scrive romanzi, testi teatrali, poesie; l’altro dà seguito alla sua passione per l’organizzazione del calcio che diventa quasi il succedaneo di quella del partito. Presidente di una società calcistica che proprio Berlinguer inaugurò pochi giorni prima di perdere la vita a Padova nell’adempimento di quella missione a cui aveva consacrato l’intera vita: la politica e la passione per la politica che Massimo stesso sembra riassumere con le parole che gli scrisse Guevara in una cartolina: «…se ancora ami i poveri, se ancora ami i poeti, se ancora ami… allora sei comunista».